A che serve un Museo della Guerra per la Pace?

A che serve un Museo della Guerra per la Pace?

Sono ben 12 le imprese in corsa per la realizzazione del Museo della Guerra per la Pace “Diego de Henriquez”, inserito nel nuovo polo museale che sta prendendo forma all’ex caserma in via Cumano. Inizia così l’articolo del Piccolo del 14 novembre.

In Friuli Venezia Giulia, un progressivo decremento della presenza militare causa il mutato quadro internazionale e la sospensione del servizio militare di leva, molte caserme vengono dismesse e prese in carico dai comuni. Anche la caserma di via Rossetti è in attesa di passare la mano.

L’istituzione, nata dal lascito testamentario di Diego De Henriquez quale “Museo della Guerra per la Pace”, è rimasta negli anni solo una grande collezione di armi e divise. Lo spirito del lascito sottovalutato; la funzione d’istruzione, per accrescere nei cittadini la coscienza del ripudio della guerra, come sancito dalla nostra Costituzione, di fatto non esercitata.

La città che ha visto nascere Danilo Dolci, tre volte candidato al Nobel per la pace (Sežana, ora in Slovenia, era all’epoca provincia di Trieste) dovrebbe valorizzare un simile patrimonio, che costituisce valore profondo, insito all’ex caserma che lo ospita. Il Museo dovrebbe far parte dei percorsi pedagogici internazionali, sui due conflitti mondiali che hanno segnato profondamente queste terre.

Ancor più utile sarebbe coinvolgere università ed istituti di ricerca nella creazione di corsi di studi già operanti in università italiane ed estere per la formazione di corpi civili di pace, come auspicato dalle Nazioni Unite e dal Parlamento Europeo e già iniziati, sul campo, dalla società civile.

L’inizio di un concreto confronto tra difesa armata e nonviolenta passa attraverso queste possibilità. Perciò il 16 dicembre scorso ci siamo ritrovati col Comitato pace convivenza e solidarietà “Danilo Dolci” (in un freddo degno di miglior causa) per un’ora di silenzio e lettura di testi davanti al Museo de Henriquez. “Nella memoria di inutili stragi, far tacere le armi, lasciar parlare la pace !”

E sempre per questi motivi, ci siamo ritrovati martedì 3 agosto in via Cumano 22, presso la sede del Museo da restaurare, assieme a “Beati i costruttori di pace” e ai giovani del Campo nazionale di “Pax Christi”, a ricordare il lungimirante lascito del fondatore.

L’eccezionale significato del lascito per la formazione delle nuove generazioni, e la creazione degli Operatori civili di Pace previsti dalle leggi italiane, potrebbe esser meglio capito se allarghiamo il ragionamento a livello sovranazionale, ad esempio verso la Tavola Interconfinaria per la Pace, strumento di lavoro al quale hanno partecipato gli enti locali della provincia, assieme ai comuni vicini di Slovenia e Croazia.

Sul confine orientale d’Italia sono state commesse le più orrende nefandezze.
De Henriquez, che è riuscito anche a raccogliere i graffiti degli internati, sulle pareti della Risiera di S. Sabba, ha voluto nel suo lascito al Comune di Trieste spiegare espressamente che la collezione serve da monito contro l’idea stessa della guerra, come affermato dalla nostra Costituzione.
La valorizzazione del suo patrimonio potrebbe contribuire a determinare un cambio di mentalità, per la città e per l’immagine che ne conserva la Nazione.

Alessandro Capuzzo

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