Bosco Farneto: degrado di un patrimonio comune

foto Giorgio Rizman

Mio marito insieme a mio padre e mia madre amano passeggiare a lungo. Spesso percorrono il Boschetto, e spesso ne escono delusi dallo stato di conservazione e dalla paura di incontrare cinghiali allo stato brado, magari con cuccioli, magari agguerriti a causa della paura nei confronti dei cani lasciati liberi, o degli uomini che ignari si trovano a passare di là, ma essendo l’unico spazio in città facilmente raggiungibile per loro, non desistono dal ripetere i loro passi.

foto Giorgio Rizman

Una di quelle volte, mio marito mi ha consegnato la sua macchina fotografica ricca di scatti, chiedendomi di scrivere qualcosa.

Erano i giorni subito dopo il disastro dell’alluvione a Genova, giorno dopo il quale, inorriditi, ci siamo chiesti cosa potrebbe succedere ovunque, Trieste compresa.

La nostra città è costellata da fiumi e percorsi sotterranei che non solo non sono curati e mantenuti puliti, ma dei quali nessuno si preoccupa. Ricordo una pioggia torrenziale di un po’ di tempo fa: ci trovavamo sul Carso per un incontro con amici in una pizzeria. La strada per arrivare a Basovizza era un fiume da attraversare, ma oramai eravamo per via e volevamo raggiungere la destinazione anche per salutare un’amica cara venuta da lontano. Dopo la pizza siamo rientrati in città. L’acqua scorreva fortemente anche dai muretti, e formava addirittura cascate.

foto Giorgio Rizman

Alcune macchine erano già spostate dall’acqua che scendeva lungo la via, così abbiamo deciso di prendere la strada che attraversa l’ex Opp e lì la situazione era davvero drammatica. Una volta raggiunta la  città abbiamo visto tombini sollevati che sembravano i geiser finlandesi tanto sbuffavano, pali caduti e  macchine sfasciate dagli alberi. Eravamo allibiti di fronte ad una scena che sembrava davvero apocalittica, per quelle poche ore che ne siamo rimasti coinvolti.

Ricordo che allora mi sono chiesta come sia possibile che l’acqua, una pioggia torrenziale in fondo, nulla di più, possa creare tanti disastri. Mio marito mi ha spiegato di come non si puliscano più i fiumi e i canali sotterranei che servono per gli scarichi.

foto Giorgio Rizman

Di come non si curino più gli argini, di dighe e di volontà economiche che credono di poter  imbrigliare potenze creando danni di conseguenza raramente contenibili. Ricordo di averne chiesto il motivo, con tanta crisi di lavoro e disoccupazione intorno.

Ora, osservando come i soldi dei comuni cittadini sono stati investiti nel recupero del boschetto e di come non venga mantenuto in maniera civile, mi chiedo la stessa cosa: con tanta disoccupazione non sarebbe più saggio per il bene di tutti offrire posti di lavoro per il mantenimento di un patrimonio comune?

 Laura Poretti Rizman

 

 

 

foto Giorgio Rizman
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