Il “No al debito” si fa movimento

Una grande assemblea, quella tenutasi al teatro Ambra Jovinelli di Roma il 1 ottobre. Oltre 800 partecipanti, con 25 interventi provenienti da associazioni, sindacati, comitati, organizzazioni della sinistra, intellettuali. Parola d’ordine centrale, “Noi il debito non lo paghiamo” che diventerà il collante di questo “spazio politico pubblico” come lo ha definito Giorgio Cremaschi aprendo i lavori, a partire dalla manifestazione del 15 ottobre, quando questo schieramento sfilerà dietro uno striscione unitario con quella parola d’ordine. Ma il dibattito ha chiesto di più della semplice manifestazione: costruzione di comitati, capacità di interlocuzione sociale di massa, centralità dei giovani e soprattutto il rifiuto dell’assemblaggio di forze politiche e sindacali residuate di una fase precedente.

L’assemblea ha avuto un’introduzione d’onore con la video intervista ad Andrea Camilleri che si è pronunciato per l’illegittimità del debito e contro un mercato liberista “che assomiglia troppo a una grande Parmalat”. Importante anche l’intervento di Alex Zanotelli, sia pure letto da un esponente del movimento pacifista e nonviolento del padre missionario.
Cremaschi, nella sua relazione introduttiva, ha posto l’attenzione sulla lettera della Bce con cui è stata chiesta una manovra durissima al governo italiano. “Due privati cittadini, Trichet e Draghi, – ha detto – scrivono al Presidente del Consiglio con arroganza. Si sarebbe dovuto aprire un dibattito politico, anche da parte dei ‘narratori’. Invece, silenzio totale”, Da qui, la traccia del dibattito dell’assemblea: costruire uno schieramento, “un movimento politico e sociale” autonomo dagli schieramenti politici, distinto dal governo e dalle opposizioni, in grado di capire la pericolosità di Berlusconi ma anche dei diktat della Bce. “Perché prima della Bce c’era Marchionne” ha detto Cremaschi, invitando a respingere l’appello alla coesione nazionale di Giorgio Napolitano.
Da qui la centralità della piattaforma con cui questo “spazio pubblico” si presenterà sulla scena politica: il no al debito, la riduzione drastica delle spese militari, il rifiuto degli accordi della concertazione (28 giugno) e il no alla precarizzazione del lavoro, la difesa dei beni comuni (a partire dal no alla Tav), la democrazia con la parità dei diritti per i migranti e la libertà di informazione. Saranno questi gli ingredienti di una mozione conclusiva votata a stragrande maggioranza dall’assemblea. In cui spunta anche la richiesta di un referendum sull’Europa. “Costruiamo un progetto politico, ha detto ancora Cremaschi, ma non un cartello elettorale” ha precisato.
Un punto questo sottoscritto da tutti gli interventi “politici” che si sono susseguiti, anche se con accenti diversi. Se, infatti, la Rete dei comunisti ha invitato comunque a porsi, in prospettiva, il problema di una rappresentanza politica, Flavia D’Angeli di Sinistra Critica – che ha rinunciato a due minuti del suo intervento per far parlare i precari della Scuola – ha avvertito del pericolo di “assemblare un vecchio ceto politico” indicando la strada del fronte unitario, dell’investimento sul movimento e indicando per una nuova sinistra anticapitalista la necessità delle giovani generazioni e “di nuove avanguardie sociali”. Marco Ferrando, del Pcl, ha riproposto la necessità di guardare ai contenuti programmatici di questo movimento unitario mentre più tradizionali sono apparsi gli interventi di Sinistra popolare (il partito di Marco Rizzo per il quale è intervenuto Antonio Mustillo) e di Falce e Martello. Paolo Ferrero, invece, intervenuto tra gli ultimi, ha ribadito l’interesse di Rifondazione comunista a stare in questo movimento e a rispettare la piena autonomia e indipendenza dagli schieramenti politici, “perché un errore si può fare una volta ma non due”. Però, allo stesso tempo, ha lasciato capire che il suo partito terrà le mani libere dal punto di vista delle alleanze.
Più interessanti gli interventi “sociali”. Da quello di Paolo Divetta, di Roma Bene Comune, che ha chiesto di “non fare la somma ma la differenza” e di far vivere i contenuti di questa iniziativa nel conflitto a partire dal 15 ottobre; a quello di Giorgio Sestili di Atenei in Rivolta che ha chiesto di “non ripetere un film già visto” ma di scommettere davvero su uno “spazio politico e sociale nuovo”, interessante per le giovani generazioni. E poi, ancora, Nicoletta Dosio, dei noTav, contraria al partito trasversale degli affari che vuole la Tav, Eliana Como, della Fiom, che ha criticato la piattaforma del suo sindacato, Alessandro Murgo degli Autoconvocati che ha invitato a fare una campagna di massa sapendo spiegare bene cosa vuol dire non pagare il debito. Molto applaudito anche il “vecchio” Ezio Gallori, sindacalista storico dei macchinisti che ha ricordato di aver avuto a che fare con tutti i ministri della sinistra che si sono cimentati con i Trasporti e di esserne uscito male e di ripartire quindi dal conflitto non episodico e nemmeno avanguardista. Molto applauditi anche Giulietto Chiesa e Pietro Marongiu dell’Isola dei cassaintegrati, ultimo intervento, tutto centrato sulla necessità di scommettere, al di là della presenza in sala, sui giovani.
Si è chiuso “con un voto esplicito” sulla mozione finale, come ha chiesto Cremaschi, riconvocandosi a dicembre. Prima ci sarà la manifestazione del 15 ottobre e l’impegno a riportare tutto nelle realtà locali.

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da Il Megafono quotidiano

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