Il viaggio a Buenos Aires

 
 
E’ stato presentato al Teatro dei Fabbri il  testo di Amanita Muskaria che tratta sulle difficoltà dell’alzhaimer , sotto la regia di Carlo Emilio Lerici e l’interpretazione di Francesca Bianco, attrice già conosciuta al pubblico triestino che ha potuto apprezzare la sua capacità espressiva nel ruolo di Ipazia, la scorsa stagione al teatro La Contrada sul testo di Massimo Vincenzi.
Anche quest’anno affronta dunque un tema della vita attraverso una visione femminile. Un dolore di una sofferenza umana che porta la difficoltà di una vita di madre e di una vita di figlia, intrecciate insieme, perchè come spesso accade, le donne sono quelle che sostengono le difficoltà umane e personali della famiglia.
In questo testo, pur essendoci tre figli, di cui due maschi, è proprio la femmina quella che accoglie la madre malata di alzhaimer ed è proprio lei quella che subirà lo sfogo della sua rabbia e del suo disprezzo.
Una figlia che racconta di una madre, e di una difficoltà che pian piano diventa demenza. Ma proprio in quel pian piano dello scorrere della vita e dell’avanzare della malattia, si esprime tutto il dolore attraverso una rabbia cieca che non permette il ricordo e una vita “normale”. Una rappresentazione che risulta essere di notevole impatto anche su chi non ha mai vissuto da vicino un dramma simile. Per chi invece si è trovato a dover affrontare in prima persona le difficoltà della convivenza con questa terribile malattia, risulta difficile uscire dal teatro con le ferite non riaperte. 
Un testo spontaneo nella sua difficoltà ma che Francesca Bianco con la sua magistrale capacità artistica e sensibilità umana ha saputo interpretare tanto  da renderlo naturale, come se fosse reale, ed in fondo è proprio questa la capacità di un grande artista.
Splendida la musica di Francesco Verdinelli, efficace la regia di Carlo Emilio Lerici nel decidere uno scambio di ruoli, perchè in fondo l’alzhaimer è una malattia dovuta da una degenerazione cellulare che può essere scoperta, accompagnata e ritardata, e fortunatamente nella nostra città esiste proprio un centro di prevenzione e di ascolto per aiutare chi potesse trovarsi nel dubbio  per poter affrontare tutto il percorso con meno paura.
 
Laura Poretti Rizman
foto LACONTRADA

 

 

Comunicato Stampa

 

Francesca Bianco ne “Il viaggio a Buenos Aires” di Amanita Muskaria

in scena al Teatro dei Fabbri dal 14 al 19 febbraio.

Concluse al Teatro dei Fabbri le repliche di “Essere o non essere Amleto” – quarto spettacolo della rassegna “La Contrada ai Fabbri”, in scena fino a domenica 12 – debutta martedì 14 un’originale ed emozionante produzione del Teatro Belli di Roma, realizzata in collaborazione con Diritto e Rovescio e l’Istituto Polacco di Roma.

Arriva anche a Trieste, dopo il grande successo ottenuto nelle recite di Roma, Milano e Napoli, uno dei testi più celebrati della nuova drammaturgia polacca: “Il viaggio a Buenos Aires” di Amanita Muskaria diretto da Carlo Emilio Lerici ed interpretato da Francesca Bianco, reduci dagli straordinari consensi ottenuti con “Il sogno di Ipazia”, spettacolo che la Contrada portò ai Fabbri l’anno scorso.

Una donna bussa ad una porta; nessuno apre. Inizia così il viaggio terribile di una donna che sta poco a poco perdendo la memoria e la coscienza di sé stessa. Volutamente non si parla mai espressamente di Alzeihmer. Il disagio della protagonista assume così un valore simbolico non strettamente legato ad una patologia fisica e proprio per questo restituisce meglio la drammaticità della sua condizione. A rivivere e reinterpretare questo viaggio è la figlia, tornata nella stanza della madre dopo la sua morte, per rimetterne a posto gli oggetti.

La donna parla, chiede e le sue domande riguardano cose che non riesce a ritrovare. E poi preghiere storpiate, canzoncine popolari, parole in inglese e frammenti di lettere che sta provando a scrivere (ai suoi figli, a sua sorella in Argentina) nelle quali chiede disperatamente che qualcuno la porti via. La sua memoria frammentaria va perdendosi sempre più. Le rimangono soltanto dei sentimenti semplici: paura, rabbia, angoscia. Il linguaggio che usa non è omogeneo, perché riflette i vari momenti della sua vita, e poco a poco si disintegra, le parole sono confuse, o sono solo sillabe. Tenta di scrivere con una forchetta, non si ricorda più quanti figli ha. Memoria, identità e linguaggio sono fattori indivisibili.

La porta si aprirà solo alla fine. Solo dopo aver compreso che siamo noi che viviamo accanto ai malati, a tenerla chiusa.

Una straordinaria Francesca Bianco – diretta da Carlo Emilio Lerici – sfida con successo un argomento ricco di insidie: la perdita della memoria e della propria identità. Scegliere l’Alzeihmer come argomento per uno spettacolo denota coraggio: si potrebbe facilmente scivolare nelle derive del melodramma o, al contrario, stemperare la violenza del soggetto per renderne fruibile la rappresentazione. Ma non è quello che accade in “Il viaggio a Buenos Aires”, sul testo delle due sorelle polacche Gabriela e Monika Muskala (in arte Amanita Muskaria), in una mise en espace di grande spessore umano, che restituisce realisticamente la malattia senza violenza, bensì con tenerezza e oggettività.

Francesca Bianco fotografa, con un’interpretazione in equilibrio tra realismo e poesia, le emozioni, i ricordi scomposti, gli stralci di un passato in via di disfacimento in una persona che lotta per mantenere viva la propria memoria. Di grande efficacia la ricerca gestuale di Bianco il cui corpo diventa l’immagine della malattia stessa: le mani si aggrappano agli oggetti come a cercare un senso, un appiglio. Il tremore insiste sull’incertezza, la postura è in perenne assenza di equilibrio, lo sguardo fruga nel buio qualcosa che ormai è perduto. In uno stadio intellettivo regredito a quello infantile, le figure del misticismo appaiono come guardiani protettori di un senso esistenziale che la malattia vorrebbe eludere. Ed è emozionante realizzare che la memoria è un fatto emotivo, e che di intellettivo ha poco o nulla, che ciò che si trattiene irriducibilmente sono gli affetti, le sensazioni e non semplicemente i dati o le nozioni.

Definito volutamente “work in regress”, dato l’argomento e l’evoluzione dello spettacolo, “Il viaggio a Buenos Aires” è stato adattato da Carlo Emilio Lerici sulla traduzione di Francesco Groggia. Le musiche sono di Francesco Verdinelli, i costumi di Adelia Apostolico.

“Il viaggio a Buenos Aires”, quinto spettacolo della rassegna “La Contrada ai Fabbri” realizzata con il sostegno della Friuladria-Crédit Agricole, debutta al Teatro dei Fabbri (Via dei Fabbri 2, Trieste) martedì 14 febbraio e rimane in scena fino a domenica 19, con i consueti orari del teatro: serali dal martedì al sabato ore 21.00; domenica ore 16.30.

Ingresso intero: 15 euro; ridotti (over 60 e abbonati della Contrada) 12 euro; ridotto giovani (fino ai 26 anni) 10 euro.

Informazioni e prevendita dei biglietti presso la biglietteria del Teatro Bobbio (tel. 040.390613/948471 – orari: 8.30-13.00; 15.30-18.30) o al TicketPoint di Corso Italia 6/C (tel. 040.3498276/3498277 – orari: 8.30-12.30; 15.30-19.00).
Informazioni: 040.390613; contrada@contrada.it; www.contrada.it.

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