Terra in trasformazione 🗓

Terra in trasformazione: 100 autori da tutto il mondo per una riflessione artistica sul cambiamento climatico

Al Magazzino 26 dal 3 al 24 settembre la fusione di due mostre sulla trasformazione, sempre più rapida, del nostro Pianeta: “Crisis Gaia”, nata in Messico dall’artista e scienziato Manolo Cocho e dedicata a una riflessione sulla vita biologica sulla Terra e sulla capacità umana di distruggerla o preservarla; e “aQua”, che con la curatela di Maria Campitelli riflette sul bene liquido più prezioso per la vita e il più tragicamente presente nel dissesto dell’eco-sistema. Faranno da corollario all’esposizione una serie di eventi collaterali tra cinema, mostre di giovani under 35, laboratori per ragazzi e conversazioni scientifiche. 

Christiane Spatt (Austria) – immagine fornita da ufficio stampa

Grazie alle sue potenzialità intrinseche che inglobano emozioni e poesia, l’arte può offrire un contributo speciale alla presa di coscienza della necessità di una corretta interazione tra umanità e pianeta. E associarsi così al coro globale che chiede un intervento per garantire la sopravvivenza nostra e del pianeta che abitiamo, la nostra unica casa. E’ la filosofia fondante del progetto Terra in trasformazione, che dal 3 al 24 settembre negli spazi del Magazzino 26, proporrà un’esposizione che è il risultato della fusione di due mostre, Crisis Gaia e aQua, nate in luoghi diametralmente opposti e in circostanze differenti, cui hanno contribuito un centinaio di artisti provenienti da ogni angolo del pianeta: una riflessione necessariamente globale per una sfida che riguarda l’umanità intera. 

Grazie al contributo della Regione Fvg e alla collaborazione del Comune di Trieste, con il supporto di CrediFriuli e BancaTer e grazie a molti altri partner, nei circa 1000 metri quadri espositivi offerti dal primo piano del Magazzino 26 e nell’adiacente Lloyd – Deposito a vista al piano terra, si potranno visionare un centinaio di opere di artisti provenienti da Stati Uniti, Siberia, Australia, Ecuador, Cina, Cile, Argentina, Turchia, Inghilterra, Russia, Corea, Colombia, Austria, Germania, Slovenia, Serbia, Croazia e ovviamente da Messico e Italia. In esposizione fotografie, video, sculture, installazioni, dipinti e contaminazioni tra le diverse forme artistiche. 

L’inaugurazione avrà luogo il 2 settembre alle 18.30 e proseguirà fino alle 21.

Alle due mostre faranno da corollario una serie di eventi collaterali: una mini rassegna cinematografica a cura di Mila Lazić, un laboratorio per ragazzi a cura di Cristina Lombardo e alcune conversazioni scientifiche realizzate in collaborazione con Ogs, Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (comunicato stampa a parte).

Ancora, sparse in quattro diverse sedi regionali si potranno visionare le mostre di giovani artisti under 35 sul tema dell’acqua nell’ambito del cambiamento climatico

Infine, il Parco Basaglia di Gorizia e l’Adventure Park di Ceroglie ospiteranno, dal 5 all’11 settembre, il progetto internazionale di land art e installazioni video sonore Fine del Confine: sette giorni di arte e performance per rivitalizzare questi luoghi e renderli cantieri culturali e di libero incontro fra artisti, natura e territorio. L’iniziativa è nata da un’idea di Manolo Cocho, Guillermo Giampietro, Maria Campitelli e Fabiola Faidiga e dalla collaborazione tra CASA C.A.V.E., la Cooperativa La Collina e il Gruppo78.

Tutte le iniziative sono a ingresso libero.

La doppia mostra “Crisis Gaia” e “aQua”

Ma partiamo dalla doppia mostra ospitata al Magazzino 26. La prima esposizione, Crisis Gaia, è stata ideata in Messico, dall’artista e scienziato Manolo Cocho, curatore e coordinatore del programma Arte, scienza e complessità del “C3 Centro delle Scienze della complessità” dell’Università nazionale autonoma del Messico. E’ nata in piena epoca pandemica, con un’operazione culturale interamente basata sul network, che ha consentito al curatore di stabilire connessioni a livello globale, tradotte principalmente, ma non esclusivamente, in opere fotografiche e video. E’ una riflessione sulla crisi del pianeta, sulla vita biologica sulla Terra e la capacità umana di distruggerla o preservarla. “James Lovelock vede Gaia come un grande essere vivente, che comprende l’insieme degli esseri viventi del pianeta Terra, individui, gruppi e comunità di individui, società ed ecosistemi, insieme all’atmosfera, al clima e ai contesti geografici, alle diverse condizioni e nicchie in grado di ospitare la vita biologica – afferma Cocho -. Il biologo nordamericano Simon A. Levin parla dell’organizzazione degli esseri viventi dalla singola cellula agli ecosistemi sotto il concetto di sistemi complessi adattivi, comprendendo le capacità di adattamento di fronte alle emergenze e alle contingenze… Possiamo creare vita artificiale, proteggere la vita, ma possiamo anche distruggerla. La sovrappopolazione globale e i suoi bisogni, la somma di tutti gli interessi di tutte le persone, gli affari, la portata e il contrasto della povertà, influenzano direttamente il sistema Gaia”. Un concetto reso con efficacia, per esempio, dal colombiano Yhonathan Virguez Rodriguez, che nella sua opera digitale Ars Natura riflette su come un battito di ali di una farfalla possa provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Al di là della poetica dell’essere polvere di stelle, ricorda l’autore, siamo organismi di relazione, complessi: le nostre azioni si rifrangono in tutti i DNA. Siamo parte della natura e abbiamo bisogno di riconnetterci con essa: è il concetto alla base dell’autoritratto Jane, dell’austriaca Christiane Spatt, che si mette in scena con una scimmia di peluche, ricordo d’infanzia, tenendola in braccio e allattandola, a indicare la nostalgia per la natura. Ancora, nella sua opera Eccesso di testosterone il messicano Marcelo Calvillo riunisce immagini popolari che ci rimandano alla prima metà del XX secolo, enfatizzando la vecchia ricetta del sesso e della violenza, in questo caso della violenza a livello planetario: l’uomo che si crede invincibile, convinto di poter imporre la propria volontà anche sul pianeta che lo ospita. Mentre nella serie Mondo Caldo e Coraggioso (Brave Warm World) il fotografo sloveno Bojan Golčar raffigura un paesaggio alienato, utilizzando la manipolazione e la sovrapposizione delle immagini, i graffi e imperfezioni, per offrire la sua visione di come sarà domani il mondo che sta morendo.

La seconda mostra, aQua, nasce e si sviluppa soprattutto a Trieste, pur prevedendo presenze da altri luoghi, anche stranieri, con la curatela di Maria Campitelli, storica fondatrice del Gruppo78 International Contemporary Art. Raccoglie installazioni e tutte le declinazioni e contaminazioni perseguite dall’attuale ricerca espressiva. E’ dedicata al tesoro liquido più prezioso per la vita, di cui da un lato gli artisti rilevano la limpida bellezza, l’insostituibile funzione vitale e la sua essenza di bene collettivo, dall’altro la sua degenerazione causata dai cambiamenti climatici – che provocano siccità, innalzamento del livello dei mari, scioglimento dei ghiacciai – e dall’inquinamento, entrambe conseguenze dirette delle attività umane. L’uomo, che per secoli si è sentito padrone al centro del mondo, oggi è chiamato a un’analisi differente del suo ruolo nel mondo. “Si parla oggi di declino dell’antropocentrico, di conclusione del ciclo “Homo sapiens” – commenta Maria Campitelli -. James Lovelock, scienziato inglese, già nel 1979 in “Gaia. A new Look at Life on Earth” aveva avvertito che l’uomo, facendo parte del sistema sinergico autoregolante che mantiene e perpetua le condizioni per la vita sul pianeta come tutti gli esseri viventi non gode dei diritti privilegiati che si è auto-attribuito (a partire dall’umanesimo rinascimentale), ponendosi al centro del mondo. E’ un partner assieme agli altri organismi, che contribuisce a mantenere l’equilibrio della vita sulla Terra, ma può anche distruggerlo”. In Marmorto, olio su tela e video (in collaborazione con Simone Di Mauro) di Cecilia Donaggio Luzzato Fegiz, vediamo degli scheletri palestrati sfoggiare un olimpionico “front crawl”, mentre all’orizzonte futuri fossili lambiscono i cavalloni. Black cube, di Cristina Lombardo, è una meditazione sull’innalzamento delle acque, con un riferimento storico al Diluvio Universale attualizzato con l’ambientazione in Piazza Unità, a Trieste. L’arca diventa allora una nave da crociera, che potrebbe salvare gli “onesti” dall’impetuosità dei marosi. E all’interno dell’installazione s’inserisce un modellino della basilica di San Pietro in argilla cruda, che si consumerà durante il tempo della mostra: una meditazione sulla temporaneità di tutti i poteri paragonati alla potenza della natura. Con l’installazione I’m an Alien Fabiola Faidiga, collocata al piano rialzato del Magazzino 26, negli spazi del museo Lloyd – Deposito a vista, realizza una vistosa scatola nera, approdata su un lontano pianeta, residuo dell’esplosione della terra, da cui si possono cogliere le ultime parole registrate di un’inascoltata esortazione: “Please open your hears and then act” (Vi prego, aprite i vostri cuori e agite), pronunciate da un’attivista keniota dell’ambiente e del clima. Alla scatola si può accedere solo dichiarandosi “Alieni, più intelligenti degli umani”. Simone di Mauro, in In the blink of an eye, utilizza un sistema di riconoscimento facciale che rileva lo stato degli occhi dell’utente, accelerando il processo di avanzata del tempo ogni volta che gli occhi sono chiusi o si battono le palpebre: l’idea è quella di non distogliere lo sguardo davanti alla trasformazione, seppure lenta, del nostro pianeta e dei suoi componenti, come l’acqua, la vegetazione e l’atmosfera.

Terra in trasformazione. ospitata nelle sale 1° e1B del Magazzino 26 intitolate rispettivamente agli artisti Arturo Nathan e Carlo Sbisà ,sarà aperta al pubblico, a ingresso libero, giovedì, venerdì, sabato dalle 17 alle 20, domenica 10-13 e 17-20. 

Durante il periodo della mostra l’installazione I’m an Alien sarà visitabile fino alle 19, come da orario del museo Lloyd – Deposito a vista in cui è collocata. Soltanto il 2 settembre, giorno dell’inaugurazione, sarà visitabile fino alle 21.

Gli eventi collaterali di Terra in Trasformazione

Cinema, laboratori e conversazioni scientifiche arricchiranno e completeranno la mostra Terra in trasformazione. La mini rassegna cinematografica che accompagna l’esposizione, a cura di Mila Lazić, propone tre film che gettano nuova luce sul “sistema Gaia” in tre momenti diversi della vita della Terra e della storia dell’uomo.
Lo sguardo più lontano nel tempo è stato offerto dall’antropologo Vittorio De Seta, con il documentario “Lu tempo di li pisci spata” (Italia, 1954), proposto lo scorso primo agosto a Nova Gorica in collaborazione con Zavod Kinoatelje Nova Gorica e la Cineteca di Bologna. Seguirà un’immersione in uno dei più antichi e primordiali ecosistemi del pianeta, la foresta amazzonica, in Ecuador, attraverso la profonda capacità d’ascolto di David Monacchi ripreso dall’acuta camera della giovane registra croata Nika Šaravanja: Dusk Chorus (Italia, 2016), questo il titolo del lavoro, sarà proposto all’interno del Magazzino 26 nelle giornate della mostra (2-24 settembre), in collaborazione con Zelig – Scuola internazionale del documentario di Bolzano. Sarà un’esperienza sensoriale, poetica e scientifica del patrimonio sonoro alla scoperta di straordinari frammenti, costantemente in via d’estinzione. Infine martedì 6 settembre alle 21 il Giardino pubblico di Trieste ospiterà la proiezione di L’ignoto spazio profondo, di Werner Herzog (Francia, Germania, Regno Unito, 2005). In collaborazione con La Cappella Underground, CASA C.A.V.E. Visogliano, Riplay Film Roma, ci si immergerà nel futuro, con un saggio sull’evoluzione della specie, sull’immigrazione, sull’ecologia che è simultaneamente un racconto di fantascienza. Si tratta di un ipotetico viaggio alla ricerca di nuovi territori abitabili per l’uomo nell’immensità dell’Universo, dopo che l’umanità è riuscita a distruggere la vita del pianeta.

Underwater è invece il titolo del laboratorio per ragazzi curato da Cristina Lombardo, che si terrà al PAG (Progetto Area Giovani del Comune di Trieste), in via del Castello, sabato 17 settembre dalle 10 alle 13. I ragazzi verranno invitati a creare dei disegni colorati che, fotocopiati, verranno immersi in una bacinella d’acqua. Le deformazioni che ne conseguono saranno lo spunto per avviare un ragionamento sull’innalzamento del livello del mare e le sue conseguenze sull’erosione costiera e l’esondazione delle città, a partire da Venezia.

Infine saranno tre le conversazioni scientifiche che faranno da corollario alla mostra, realizzate in collaborazione con Ogs – Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale per discutere delle grandi sfide che ci vengono poste dal cambiamento climatico. S’inizierà l’8 settembre con il geologo Angelo Camerlenghi, che discuterà di “Energia: il metano che viene da sotto il mar Mediterraneo”; si proseguirà il 15 settembre con la glaciologa Florence Colleoni, che parlerà di “Cambiamenti climatici e poli: perché è importante studiarli?”. Infine il 16 settembre, con ila dr. Paola Del Negro, direttrice dell’Istituto, si scoprirà come è cambiato il nostro Adriatico e non solo, nell’appuntamento “Che mare fa?”.

Le mostre di artisti under 35

Il progetto Terra in Trasformazione si espanderà anche in altre sedi regionali, grazie a quattro mostre affidate a giovani artisti under 35, che riflettono a loro volta sul tema dell’acqua nell’ambito del cambiamento climatico. Le quattro esposizioni sono sparse in diversi angoli del territorio e si svolgeranno in momenti differenti, nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2022, per dare modo al pubblico di visitarle più agevolmente.

Alla Portopiccolo art gallery di Sistiana, dall’8 al 22 settembre, si potrà visionare la mostra Fluvia, di Linda Mazzolini (a cura di Maria Campitelli); dal 15 al 30 settembre, allo spazio Stone di Cervignano, andrà in scena l’esposizione Gently out of time, di Michele Seffino (a cura di Eva Comuzzi e Orietta Masin); dal 1 al 15 ottobre alla Juliet-Room di Muggia appuntamento con Muta, con opere di Janiki Citti, Greta Fila, Jesus Valenti Mora Castro (a cura di Massimo Premuda); infine, dal 3 al 13 novembre, nello spazio Make di palazzo Manin, a Udine, l’esposizione Symbiosis, di Eleonora Garini e Matteo Volonterio (a cura di Maria Campitelli).

Il progetto Fine del Confine

E’ un progetto internazionale di di land art e installazioni video, che sarà ospitato all’interno del Parco Basaglia di Gorizia e all’Adventure Park di Ceroglie dal 5 all’11 settembre. S’intitola Fine del confine, perché ha come punto di partenza concettuale lo sviluppo di idee e pratiche orientate al superamento dei confini geografici e mentali attraverso l’arte e la cultura. Mira, inoltre, al recupero e riqualificazione dei parchi pubblici transfrontalieri del nostro territorio, trasformandoli in spazi culturali aperti e partecipativi. Fine del Confine si realizzerà all’interno dell’evento Frontiere dei lunatici (che comprenderà land art, concerti, una rassegna cinematografica, incontri sull’arte contemporanea, presentazione di libri e progetti relativi al Parco Basaglia) ed è collegato alle rassegne Terra in trasformazione e L’energia dei luoghi – Festival del vento e della pietra, nonché al progetto Meraviglie nel Parco presso l’Adventure Park di Ceroglie, dove si troverà anche il Laboratorio d’arte dei muretti a secco, patrimonio immateriale dell’Unesco. L’iniziativa è nata da un’idea di Manolo Cocho, Guillermo Giampietro, Maria Campitelli e Fabiola Faidiga e dalla collaborazione tra CASA C.A.V.E., la Cooperativa La Collina e il Gruppo78. Punta a rendere questi spazi, per sette giorni, luoghi di arte e performance, così da rivitalizzarli come cantieri culturali e di libero incontro fra artisti, natura e territorio. Il progetto si chiama Fine del confine perché i luoghi scelti per le attività sono altamente simbolici: il Parco Basaglia è situato sulla linea di confine tra Italia e Slovenia e sul confine immaginario tra la follia e l’apparenza di realtà normalizzata, mentre l‘Adventure Park di Ceroglie è situato in prossimità di un confine che fu campo di battaglie e devastazione nelle due guerre mondiali: oggi entrambi i luoghi sono rinati come territorio d’incontro, d’ascolto e di contemplazione.

Il progetto acquista ancora più rilevanza nella prospettiva di Gorizia e Nova Gorica unificate come capitale Europea della cultura nel 2025: sarà un evento di carattere internazionale e locale, cui parteciperanno artisti di diversi paesi del mondo assieme ad altri del nostro territorio.

Per Frontiera dei Lunatici, al Parco Basaglia di Gorizia, si potranno apprezzare le installazioni e la land art di Pierre Zufferey, Manolo Cocho, Simone Paulin (Aeson), Elisa Zurlo, Elisa Vladilo, Fabiola Faidiga, Gabriela Blanco; i video e le video installazioni di Giovanni Cioni, Alessandro Ruzzier, Robert Roesch; Eva Petric; Rubert Huber, Franz Wassermann, Giovanna Torresin, Guillermo Giampietro, Jose Andrare Briones, Jose Cianca, Karina Zothner, Cecilia Donaggio Luzzato Fegiz, Laura Rambelli, Lucia Flego, Maja Flajsig, Mercedes Aqui, Nancy Atakan, Natalia Mali, Natalia Papaeva, Raul Piña, Sissa Micheli Austria, Tilen Žbona, Wuei Cai Chen, Kaiqin Zhang, Radio Fragola Gorizia; le ambientazioni sonore di Vesel Full of Void, Luca Mirai, Italia.

Per l’Energia dei luoghi – Meraviglie del parco, all’Adventure Park di Ceroglie, saranno in mostra i lavori di land art di Marco Bogar, Cecilia Donaggio Luzzato Fegiz, Rodolfo Liprandi, Cristina Lombardo, Simone Paulin e Aleksander Veliscek; si potrà partecipare al laboratorio La rinascita dei muretti a secco, con l’architetto e tutor Danilo Antoni; e alla passeggiata creativa con la guida naturalistica Alice Sattolo.

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