La Ciociara

Uno spettacolo teatrale che trae spunto da un romanzo già utilizzato per la realizzazione di una pellicola che ha ottenuto un successo tale da annoverarla nei registri della storia del cinema, rischia  sempre di essere messo a confronto con il già visto, ma se nello spettacolo ci aggiungiamo una nota prettamente cinematografica, ecco che il confronto viene smorzato, rischiando però di trasformare tutta la nostra attenzione teatrale in curiosità cinematografica. Ed è questo quello che io ho provato a teatro nel vedere La Ciociara: una grande curiosità per la mirabile scenografia, un apprezzamento per il sapiente riassunto, ma un desiderio per quella che io ho sentito come una mancanza teatrale a scapito di una grande regia. Non che gli attori non siano stati capaci, tutt’altro. Ho apprezzato tra tutti l’interpretazione della vecchia di campagna, nell’irriconoscibile Dalia Frediani. Un’interpretazione che da sola risuonava per tutto il teatro nel suo incutere paura e fastidio. Ho apprezzato moltissimo anche le interpretazioni dei ruoli maschili, ma non sono riuscita a riconoscere nel ruolo le due protagoniste, che, seppur amate dalla critica, non hanno saputo trasmettermi quel senso di infanzia rubata che avrebbe dovuto trapelare dalla figlia, e soprattutto quella maturità di vita che impregna il ruolo della ciociara stessa.

Uno spettacolo inoltre che meriterebbe la visione non dalle prime file di platea, perchè quando si mescolano sistemi di video proiezione a recitazioni teatrali, c’è sempre il rischio di non riuscire a soddisfare appieno la visione di entrambi.

 

Laura Poretti Rizman

foto IL ROSSETTI

“La Ciociara, nella drammaturgia di Annibale Ruccello, arriva sul palcoscenico del Teatro Stabile regionale per il cartellone Prosa da mercoledì 18 gennaio. Molto attese e di primo livello de prove di Donatella Finocchiaro, nel ruolo del titolo e di Roberta Torre alla regia: entrambe intrecciano con successo nelle loro carriere cinema e teatro.”

 

Il cinema che riecheggia a teatro in una tessitura ricca di necessità e di senso… Difficile, probabilmente impossibile, affrontare sul palcoscenico un testo come La Ciociara – che un drammaturgo della finezza di Annibale Ruccello ha tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia – senza che il pensiero vada alla pellicola che tutti abbiamo scolpita nell’immaginario, firmata da Vittorio De Sica e con l’indimenticabile Sophia Loren che per quell’interpretazione meritò il Premio Oscar.

Lo spettacolo teatrale che Roberta Torre mette in scena a partire dal bellissimo testo di Ruccello – e che arriva sul palcoscenico della Sala Assicurazioni Generali da mercoledì 18 gennaio – ha molti pregi, e tra questi quello di aver saputo trovare una propria affascinante autonomia da quell’ingombrante eredità cinematografica, senza rinunciare a un linguaggio pieno di suggestioni e di rifrazioni.

La regista è in effetti una delle personalità più interessanti nell’attuale mondo dello spettacolo, e si divide con successo e con coraggioso spirito d’innovazione fra grande schermo (da Tano da morire a I baci mai dati) e scena teatrale, riservando letture sempre interessanti e intelligenti.

«Questa Ciociara – spiega Roberta Torre – è un viaggio nei ricordi e negli incubi e dunque di fantasmi si tratta. E dunque, se di fantasmi si tratta, ho immaginato una messinscena che possa materializzare i ricordi e il passato, che li traduca in immagini proiettate, che li chiuda in una scatola magica che molto ricorda una vera e propria proiezione da cinema. Ed ecco quindi che il cinema e il teatro interagiscono strettamente in questa Ciociara, oggi e ieri si mescolano continuamente lasciando ai protagonisti della scena una doppia anima che li rende corpi capaci di interagire con i fantasmi. Pochi oggetti sulla scena e un mondo di proiezioni interiori e non solo: un viaggio dove ieri e oggi prendono forma e ci trascinano avanti e indietro nel tempo».

Fin dal primo istante, infatti, lo spettacolo teatrale evidenzia come in questo racconto de La Ciociara la guerra e la violenza che hanno lacerato le due protagoniste sia ormai alle loro spalle: il sipario si alza sulle due donne che bisticciano per l’acquisto di una macchina nuova. Annibale Ruccello (che scrisse il testo nel 1985) con profetiche capacità, fa dei “fantasmi” i veri protagonisti della vicenda: fantasmi della brama di possedere oggetti facili, come televisori e automobili… Oggetti che sono il simbolo di una normalità apparente, di facciata e dunque in realtà inquietante. La riduzione teatrale firmata da Ruccello ricevette il consenso entusiasta di Alberto Moravia.

Cesira – la ciociara del titolo – non è più quella madre disperata per la violenza occorsa alla figlia Rosetta, che non tornerà più, mai più, ad essere la bambina di prima. Quella violenza, invece, ha scavato in Rosetta tramutandosi in quotidiana banalità: è questo il doloroso e vero messaggio di Ruccello. Rosetta è cambiata in modo subdolo e silenzioso, la vera violenza è in questo dimenticare, consumare, passare oltre a tutto in nome di un’apparenza di normalità.

Un messaggio attualissimo e squassante, che pone anche il pubblico contemporaneo davanti alla voragine di un universo dove tutto “trascorre” e sembra lasciarci senza turbamento.

Roberta Torre punta decisamente su questo taglio, per la sua Ciociara e conduce lungo queste linee l’ottimo cast su cui ha potuto contare per la messinscena: a partire da Donatella Finocchiaro (anche lei volto acclamato del cinema italiano oltre che sul palcoscenico) che senza remore dà forma alla protagonista con commovente umanità. Un’umanità che viene sbalzata con forza ancora maggiore sullo sfondo di macchine magiche, proiezioni e suggestioni create dalla regista e sul piano scenografico.

Oltre a Donatella Finocchiaro (Cesira) compaiono nel cast i nomi di Daniele Russo (Michele, l’uomo del quale è innamorata, l’idealista partigiano che morirà per salvare altre vite umane), Marcello Romolo, Rino Di Martino e di Lorenzo Acquaviva, Marco Mario De Notarsi, Martina Galletta, Daniele Marino. Lo spettacolo si avvale poi della partecipazione di Dalia Frediani.

La Ciociara di Annibale Ruccello è una produzione della Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e conta sulla regi e scenografia di Roberta Torre, sui costumi di Alberto Spiazzi e sulle musiche di Massimiliano Pace.

La Ciociara va in scena al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, nella Sala Assicurazioni Generali, da mercoledì 18 a sabato 21 gennaio alle ore 20.30; giovedì 19 domenica 22 gennaio anche in pomeridiana con inizio alle ore 16. Lo spettacolo è programmato nell’ambito del cartellone Prosa.

La Stagione 2011-2012 del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia va in scena grazie al sostegno della Fondazione CRTrieste.

Informazioni dettagliate sulla stagione nonché sui biglietti ed i relativi prezzi, sono disponibili in tutti i punti d’informazione e vendita del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia: dedicato agli studenti universitari, dal 2011-2012 è attivo il punto vendita di Radio Incorso, nel campus universitario.
Tutta la stagione e le possibilità di adesione ai diversi cartelloni sono illustrate anche sul sito   www.ilrossetti.it; inoltre il Teatro può essere contattato telefonicamente al centralino 040.3593511.

2 thoughts on “La Ciociara

  1. Eccomi qua, la spettatrice della prima fila che ancora si chiede se dal fondo lo spettacolo avrebbe potuto avere un impatto diverso. Migliore, spero. Invasa per interminabili minuti dalla copiosa pioggia proiettata sulla quarta parete e distratta per un’ora e mezza dalle troppe scenografie proiettate sul fondo. Erano loro lo spettacolo.
    Un insieme di cose che non può che far passare l’attore in secondo piano (forse anche una mancanza di rispetto per l’attore di teatro)e che allontana anche dalla storia che per nostra fortuna già sappiamo.
    Anche perché non viene dato il tempo per pensare, “la pausa” così importante nel teatro.
    Ho sentito la mancanza di un silenzio

  2. Grazie per il tuo commento Daniela. A volte la frenesia del vivere ci allontana da noi stessi e scegliere un tempo lento risulta essere una scelta davvero coraggiosa che pochi riescono ad affrontare. Forse in questo spettacolo il regista ha volutamente trasportarci su un “binario” veloce, dove alcuni, io con te, possono aver rimpianto un respiro diverso.
    Laura Poretti Rizman

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