Appello del Rettore dell’Università di Trieste

All’indomani della cerimonia di inaugurazione dell’Anno accademico 2010/2011, pubblichiamo l’appello che il Magnifico Rettore dell’Università di Trieste rivolge “alle istituzioni, alle forze politiche, ai mezzi d’informazione, agli operatori economici, alla società civile, alle famiglie e a tutti i cittadini, perché nulla si lasci intentato per ridare certezza di sviluppo alla nostra Università.”

In queste settimane, con crescente preoccupazione, siamo calati sempre più dentro uno scenario di grande incertezza per il nostro futuro: quello che vede al centro le sorti di università, ricerca scientifica e scuola, tutte esposte a insostenibili tagli finanziari, senza precedenti nella storia del Paese.
Sappiamo tutti che il debito pubblico nazionale impone sacrifici e che la crisi in atto ha radici profonde e corresponsabilità estese. Ma non vediamo ancora riconosciuta, in Italia, quella priorità che a formazione, ricerca e innovazione, come fattori decisivi di crescita e sviluppo, viene attribuita da altre nazioni avanzate, pur alle prese, anch’esse, con una difficile congiuntura economica.
Per parte sua, in questi ultimi anni, l’Università di Trieste ha intrapreso, con grande senso di responsabilità collettiva, una condivisa e coraggiosa azione di cambiamento e modernizzazione. Non ci siamo limitati a denunciare l’insostenibilità dei tagli finanziari, né ad avvertire che le riforme – a cominciare dal disegno di legge Gelmini, all’esame del Parlamento, in queste settimane – non possono realizzarsi a costo zero: lo vieta il buon senso, ancor prima che la più elementare pratica del buon governo. A dispetto delle crescenti difficoltà, l’Università di Trieste si è data da fare: cercando di salvaguardare la qualità della propria offerta formativa; sostenendo la ricerca scientifica; continuando a trasferire al territorio i prodotti della sua ricerca applicata; tessendo alleanze e “facendo squadra”, per aumentare le fonti di finanziamento. E ha fatto tutto ciò sempre tenendo sotto controllo i conti, eliminando la spesa improduttiva e riuscendo ad assicurare un turnover, pur se contenuto, per i propri giovani ricercatori e i precari. Non è un caso, dunque, che autorevoli osservatori internazionali ci collochino tra gli Atenei italiani che si distinguono per la qualità della produzione scientifica e per l’elevata percentuale di laureati che raggiungono posizioni di responsabilità e prestigio nel mercato globale dell’occupazione qualificata. Ora, senza una chiara e concreta inversione di tendenza da parte di Parlamento e Governo, i nostri sforzi rischiano di essere vanificati. Chiediamoci cosa sarebbe il Paese senza questo Ateneo e il suo straordinario capitale umano e scientifico, fatto di docenti, ricercatori, tecnici, amministrativi e studenti; domandiamoci cosa sarebbero Trieste e il suo territorio se deprivati del patrimonio economico e sociale portato in dote dall’Università, con la sua comunità di circa venticinquemila persone, in stragrande maggioranza giovani, che vi studiano e vi lavorano.

Faccio appello alle istituzioni, alle forze politiche, ai mezzi d’informazione, agli operatori economici, alla società civile, alle famiglie e a tutti i cittadini perché nulla si lasci intentato per ridare certezza di sviluppo alla nostra Università.

Nei momenti più difficili le comunità sopravvivono grazie, anzitutto, alla mobilitazione delle coscienze: chiedo a ciascuno, nei rispettivi ruoli, di starci a fianco nelle azioni che intraprenderemo.
A essere in gioco non è solamente il futuro dell’Università di Trieste, ma l’avvenire di tutti noi.


Trieste, 10 novembre 2010


Francesco Peroni

       
     

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