Elena di Sparta

Venerdì 15 novembre al Teatro Orazio Bobbio è andato il scena lo spettacolo “Elena di Sparta”  che ha posto l’obiettivo sui sentimenti di una donna, rivisti a ritroso nel tempo,

La sua interprete principale, Silvia Priori, ha svolto la sua esibizione in maniera estremamente professionale, con uno stile drammatico, raccontando della sua infanzia e della inpossibilità di decidere della propria felicità e vita.

La sua bellezza e la sua resistenza urlate al mondo nel tempo, hanno unito molte donne che come lei non hanno potuto scegliere, e per questo il testo è stato compreso appieno anche ai nostri giorni, dove purtroppo troppo spesso risulta ancora molto attuale.

Lo spettacolo ha unito teatro, danza orientale e musiche epiche, creando un mix davvero potente.

Laura Poretti Rizman

silvia priori-elena-di-sparta-foto fornita da La Contrada

 

Il 15 novembre alle 20.30 ritorna al Bobbio, in fuori abbonamento, uno spettacolo di e con Silvia Priori incentrato anche quest’anno su una donna: “Elena di Sparta”.  Silvia Priori, attrice, regista e drammaturga porterà a Trieste la sua Elena partendo da uno studio di questa figura nelle sue diverse interpretazioni partendo da Ritsos, senza tralasciare Euripide, Omero e Hofmannsthal, e ne ribalta il mito oltre che rivalutarne la figura. 

«Questo spettacolo, che mescola teatro, danza orientale e musiche epiche – racconta Silvia Priori – è sulla resistenza al femminile e permette di riflettere sulla figura della donna nella contemporaneità, senza però distaccarsi dal classico attraverso una rivisitazione delicata». 

In scena il degrado, l’abbandono, il senso di vuoto e la caducità che caratterizzano l’aspetto e l’animo di una Elena già vecchia, che vede scorrere lentamente davanti a sé il ricordo di ricchezze, glorie, invidie e bellezza. Bellezza, soprattutto. Com’è difficile andare incontro alla vecchiaia per colei che era così bella, intatta, provata. “Cosa resta a questa Elena? Quale gioia, quale amore, quale amante, quale libertà?”, si chiede Silvia Priori.  Un personaggio estremamente attuale che ha sempre fatto parte del vissuto culturale e dell’immaginario popolare. Uno spettacolo sulla bellezza, sulla ricerca della felicità e sulla resistenza “Perché chissà, là dove qualcuno resiste senza speranza è forse là che inizia la storia umana e la bellezza dell’uomo” scriveva Ritsos.  «La mia Elena è una donna sola – prosegue Silvia Priori – che ormai vecchia e sfiorita, rivive attraverso un percorso a ritroso i momenti decisivi della sua vita tumultuosa interrogandosi su ciò che è effimero e su ciò che è sostanziale. Una donna come molte ce ne sono oggi, che sogna la felicità e l’amore puro ma conosce molto bene il sapore della rinuncia, costretta dal padre Tindaro, desideroso di garantire prosperità al suo regno, a scegliere come sposo l’odioso Menelao che la costringerà nelle mura del suo palazzo ritenendola incapace di generare un figlio maschio. La mia Elena è una mamma che piange la sua bambina, la piccola Ermione, che essendo nata femmina e quindi inutile al trono, le viene strappata via da Menelao per farla allattare da una schiava. Il suo bel palazzo si trasforma così in una prigione, un luogo oscuro, silenzioso, senza occhi e senza orecchie. Per anni prigioniera di Menelao e poi prigioniera di un’infinita guerra a cui assiste con l’anima che brucia. La mia Elena smantella l’archetipo che la mitologia ci ha tramandato e che la immortala come la bella, la dea, la prostituta, la cagna!» Elena di Sparta lotta contro gli dèi per averle riservato quel destino ingrato. Gli dèi le diedero in dono la bellezza ma ne fu vittima. Una storia eccitante in cui Elena, sempre trattata da reietta, da donna ammaliante ed ammaliatrice, si trasforma in creatura umanizzata, succube di una ‘ragione di Stato’, come Ermengarda, come Francesca, come la monaca di Monza. Una donna archetipo, un po’ come Eva, considerata responsabile di tutto, che urla e si ribella a Dio stesso, suo Padre. Una Elena che ribalta il mito e che esprime il senso di un desiderio di uguaglianza tra persone, che, indipendentemente dal sesso, deve trovare una sua collocazione nella mente e nella realtà di tutti. Completano lo spettacolo il corpo di danza orientale Selene Franceschini e Barbara Mulas, le musiche di Marcello Franzoso e le canzoni di Alberto Casanova.

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