Freaks che va, Freaks che viene

Freaks in bella mostra alla festa per il numero 100 del giornale
Freaks in bella mostra alla festa per il numero 100 del giornale
Era la fine dell’estate del 2002, camminavo attraverso il popoloso rione di San Giacomo e su un armadietto della Telecom vedo attaccato un volantino: Corso di Giornalismo di base gratuito. Mi fermo, leggo, mi interesso e telefono al primo numero scritto. Mi invitano ad un incontro di pianificazione del corso. A questo incontro siamo un po’ di persone. Una bella marmellata di umani. Se ci avessero fotografati da fuori potevamo essere di tutto. Alcolisti anonimi, traffichini, studenti, ciellini, bohemien, di tutto, ed invece eravamo semplicemente estranei, uso tempi passati apposta, che si erano appena conosciuti per colpa di un annuncio. No! Non scambisti. Né tanto meno in attesa dello stesso colloquio, o con la stessa speranza di lavoro. No! Semplici estranei, inconsciamente legati da un sottile filo comune. Ignoravo che filo fosse, come fosse fatto, ma era indubbio che fosse stato un filo comune a trascinarci lì. Pensai a un neologismo italo inglese. Un filo di feeling comune. Un feelo comune, sottilissimo, percepibile pur se coperto da maschere, esibizionismi, mascara, facce strane e sfaccettature…C’era uno che aveva pubblicato un romanzo breve al suo paese in Sicilia, in un concorso per residenti. Ora scriveva per sé, ma solo quando il lavoro glielo permetteva. Aveva visto il volantino in Ponterosso. Un altro viveva di espedienti. Una laurea in scienze politiche. Un corso di greco. Qualche partecipazione teatrale, ma io capii qualche “partecipazione statale”, e sorrisi. Il corso gliel’aveva segnalato il padre, e ci stava a farlo. C’era anche un greco, che si vedeva che ci stava ad occhio nudo. Avrebbe dovuto parlare lui, ma venne sovrastato da una tipa di Sežana, che spazzò il dibattito per un paio di secondi che mi sono sembrati anche troppi. Disse che avremmo finito per invidiarla perché parlava un sacco di lingue. E le elencò. Terminando disse che in turco, ed ungherese, sapeva i numeri. Ho pensato: “ma è parlare una lingua saperne i numeri?”. Disse che avrebbe fatto sapere. Quasi fosse lei ad “assumere” chi organizzava il corso, e non viceversa. Specificò che però sarebbe stato meglio iniziare dopo novembre… Il più curioso era uno che si presentò come “senza fissa dimora”. L’unico suo indirizzo fisso era quello di posta elettronica e mi sembrò geniale come affermazione. Comunque era troppo “ingessato”. Sembrava asociale. Doveva vedere… valutare… sistemare le sue ore… non lo si vide mai.
Durante quell’incontro avvertii una sensazione “buona e giusta”. Mi era sembrato quasi che quel corso di giornalismo fosse una cosa che bisognava fare. Era stato bello. Ero stato bene, e non volevo perdermi il piacere di dirlo. Lo dissi agli altri e detti la mia adesione al progetto.
Da quel 6 settembre 2002 non sono più andato via.
Ho iniziato a scrivere un paio di articoletti, poi una mini rubrica, poi all’improvviso mi son trovato ad essere il direttore editoriale. Ricordo che me lo dissero dopo qualche mese durante una riunione del lunedì. Dissero: “Serve un direttore editoriale e “noi” pensavamo che dovresti farlo te”. E lo feci io!
Ho diretto un’ottantina di Freaks. Portando uno sporadico e casuale foglio, o quasi foglio, in bianco e nero a diventare un mensile abbastanza regolare, che col tempo cominciò pure a colorarsi. È stato un lavoro pesante, a volte veramente faticoso, ma soddisfacente. Correre dietro alle persone per avere gli articoli che avevano promesso di scrivere, recuperare foto, sistemare i testi, correggere le bozze, controllare i riferimenti, le fonti, i links, preparare ogni mese il “malloppo” per impaginare con Max, chiaro che ci divertivamo a farlo, ma era un lavoro per certosini. Per pazienti. Per precisini.
Oggi la crisi e i costi rendono il Freaks cartaceo impossibile da finanziare con le nostre risicate risorse economiche. Freaks cartaceo ha un discreto costo, anche se il giornale è sempre stato gratuito per chi lo leggeva, e se siamo riusciti a portare avanti questa iniziativa, e a farla diventare il giornale che avete, o avevate, tra le mani, dobbiamo ringraziare la raccolta pubblicitaria e il lavoro volontario e gratuito della redazione. Abbiamo tentato per anni di coinvolgere sponsor, istituzioni e chiunque potesse darci una mano per così dire definitiva, ma senza il successo sperato. Senza la soluzione definitiva.
Questo è l’ultimo numero di carta di questa rivista. Almeno per ora. Da domani l’ultradecennale rivista Freaks sarà “solo” online all’indirizzo www.freaksonline.it. Un po’ di malinconia la provo, ma le cose cambiano e accettare il cambiamento è molto positivo. Spero lo accettino anche i fans di Freaks. A voi lettori che in questi giorni mi avete detto che lo volete ancora fatto di carta, che fa più giornale vero, vi auguro che prima o poi veniate ri-accontentati, nel frattempo visitate il nostro sito, cliccate i nostri articoli e i nostri banner pubblicitari, tenete vivo Freaks che per quanto malandato e povero in canna rimane una delle poche, se non l’unica, voce dell’Associazionismo e del Volontariato nel debole panorama giornalistico triestino. Un bene importante per il pluralismo e la libertà d’informazione.
Per un Freaks che se ne va, un nuovo Freaks viene.
maurovostro

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