Il Misantropo, Fabrizio Falco al Rossetti

Il mio dolore e i miei sospetti vengono spinti fino all’estremo limite, mi si lascia credere tutto, e di tutto ci si gloria; e ciò non ostante il mio cuore è ancora tanto vile da non riuscire a spezzare la catena che lo tiene avvinto, armandosi di un nobile disprezzo per l’ingrata di cui fin troppo si è invaghito! Ah, come sapete bene servirvi, perfida, contro me stesso, della mia estrema debolezza, e volgere a vostro vantaggio gli incredibili eccessi di questo amore fatale nato dai vostri occhi traditori! Negate almeno questo delitto che mi uccide, e smettetela di fingere d’essere colpevole verso di me; restituitemi, se possibile, quella lettera innocente, e l’amore che vi porto vi darà una mano; sforzatevi, voi, di sembrare fedele, e mi sforzerò anch’io di credervi tale.
Molière, Il misantropo

Un personaggio che ama dire la verità e nel nome della verità, per quanto scomoda essa possa essere, si muove nel suo mondo pagandone le spese.

Il misantropo  che in origine porta il nome di Le Misanthrope ou l’Atrabilaire amoureux, è una commedia in cinque atti del drammaturgo francese Molière, presentata per la prima volta a Palais-Royal il 4 giugno 1666.

Considerato uno dei capolavori di Molière, viene ripreso da Fabrizio Falco che ne firma la regia, e dimostrando grande capacità attoriale, dà vita al personaggio di Filinto. Di grande modernità a bellezza anche l’allestimento che lo stesso Fabrizio Falco firma per il Teatro Biondo di Palermo e che viene portato in scena al Teatro Politeama Rossetti di Trieste per la stagione di prosa del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

Il regista ha saputo scegliere un cast davvero perfetto per questa messa in scena. Il protagonista, così comico e amaro allo stesso tempo, lascia un piede nel periodo barocco, immergendosi appieno in quello attuale.

La perenne lotta tra sincerità e falsità, non viene ripagata se non da un’onta fatta subire alla donna amata, colpevole di aver ceduto alla gioia della vita.

In un tempo lontano come quello del diciasettesimo secolo, ad una donna francese non si poteva perdonare la colpa di corteggiare più uomini. L’attualità di questo testo è soprattutto in questo divario di genere che ancor oggi, nel ventunesimo secolo, siamo allo stesso punto di giudizio. Un uomo nella nostra società, può permettersi il lusso di corteggiare più donne aumentando in prestigio e considerazione da parte della società, una donna che si comporta nello stesso modo, viene giudicata e condannata. Nel peggiore dei casi, la violenza subita può ancor oggi esser giustificata in causa a un simile comportamento, anche o purtroppo soprattutto, da donne che non conoscono la sorellanza.

Ci sono molti livelli per leggere un testo e giudicarlo e sempre questo dipende dal vissuto di chi osserva. In questa rappresentazione io ho notato un’attualità sconvolgente.

Nella famosa frase di Molière L’amore vero è quello che non perdona nulla, rabbrividisco, ma alla fine applaudo questo spettacolo.

Laura Poretti Rizman

“IL MISANTROPO”
di Molière
traduzione Cesare Garboli
regia Fabrizio Falco
regista assistente Davide Cirri
assistente alla regia Francesca Melluso
scene Luca Mannino
costumi Gabriella Magrì
musica Angelo Vitaliano
con
Davide Cirri (Alceste)
Fabrizio Falco (Filinto)
Claudio Pellegrini (Oronte)
Alice Canzonieri (Célimène)
Rita Debora Iannotta (Eliante)
Doriana Costanzo (Arsinoè)
Costantino Buttitta (Acaste)
Luca Carbone (Clitandro)
Cristiano Russo (Basco)
produzione Teatro Biondo Palermo

Il misantropo© rosellina garbo, foto fornita da Teatro Stabile del FVG

 

È in effetti una questione universale, quella della serrata lotta fra verità e menzogna: in ogni tempo si combatte per la trasparenza, l’obiettività e poi magari ci si piega a falsità e opportunismi. Così Alceste – questo il vero nome del personaggio da tutti additato come Misantropo, ma in realtà solo ostinatamente sincero – diviene per ognuno di noi uno specchio in cui riflettersi, valutando la moralità propria e del contesto sociale cui si appartiene…
«Cos’è la verità, cos’è la menzogna? Cechov affermava che si può fingere dovunque tranne che nell’arte» considera Fabrizio Falco nelle note che ha redatto costruendo, la regia del suo “Misantropo”, a capo di una compagnia di artisti siciliani giovani e molto preparati, in cui egli stesso interpreta il ruolo di Filinto, l’amico del protagonista. Regista e attore cinematografico e teatrale di riconosciuto talento, Falco ha delineato con chiarezza la sua lettura del capolavoro molièriano, che – a suo vedere – induce proprio a non indossare più maschere, a fare “i conti definitivi”.
«Lavorando sul “Misantropo” – sostiene – si percepisce subito la necessità, l’urlo di qualcuno che chiede verità. Cercherò di inseguire la verità di Molière, per quanto inafferrabile, ma sarà proprio l’anelito, la spinta verso, che creerà la giusta tensione. La verità dei rapporti è la richiesta di Alceste, e questa sarà la linea guida della regia. Nient’altro». E proprio in nome di questa verità il regista annuncia un rapporto con il pubblico molto diretto, una concezione scenica volta all’essenzialità… Gli strumenti di un teatro che necessita di poco per vivere da un punto di vista esteriore, e di contro ha bisogno di moltissimo lavoro invisibile, quello che permette di abbattere le maschere e attraverso l’onestà intellettuale toccare il fondo dei cuori degli spettatori.

«Alla base del disegno registico – conclude Fabrizio Falco – vi è l’idea di trasformare l’edificio teatrale nella location del salone della casa di Célimène, in cui si avvicendano tutti i personaggi della commedia e in cui il pubblico è anch’esso partecipe. Non vi sarà sipario, la scena sarà aperta su un palcoscenico spoglio e gli attori occuperanno tutto lo spazio a loro disposizione, abitando la platea e rompendo così la quarta parete in un’interazione confidenziale con gli spettatori, sì diversi ogni sera, ma pur sempre espressione stereotipata della società. Poiché il focus della lettura dell’opera verterà sulla relazione della figura di Alceste e tutti gli altri personaggi con i sentimenti dell’amore e dell’amicizia, l’impianto dello spettacolo sarà molto semplice e privo di ridondante ricercatezza estetica: il fulcro sarà una scena vuota, che si animerà progressivamente di tutto ciò che verrà ritenuto necessario allo sviluppo dell’azione, senza sovraccaricarsi di simbolismi e significati estranei alla purezza e alla bellezza delle parole o all’immediatezza dei sentimenti».

Alceste, protagonista della commedia, ama con tutto sè stesso la sincerità, al punto di non saperla o volerla edulcorare, nemmeno quando potrebbe essere opportuno. Per questo è considerato un misantropo. Ha in corso con Oronte un procedimento giudiziario e si rifiuta di ascoltare i buoni consigli dell’amico Filinto, che lo invita a mostrarsi più accomodante. Il suo rigore cede soltanto davanti alla bella Cèliméne, una vedova salottiera, che mette in ombra agli occhi di Alceste le ben più sincere attenzioni di Eliante e Arsinoè.
Proprio durante una riunione dalla vedova, il misantropo ha uno scoppio d’ira verso l’ipocrisia degli altri convitati: lo interrompono le guardie che gli comunicano di presentarsi al processo. Oronte non può infatti perdonargli di aver definito certi suoi scritti, senza mezzi termini, terribili.
Successivamente il pubblico assiste a un duro confronto fra donne: la matura Arsinoè cerca di convincere Cèliméne a migliorare la sua condotta, ma le raccomandazioni cadono nel vuoto. E la donna non ha maggior successo con Alceste, impermeabile all’idea che la vedova gli sia infedele. Nemmeno un biglietto galante che la donna ha scritto ad Oronte convince Alceste della sua malafede e anzi, non fatica molto a convincersi delle ragioni che Cèliméne sdegnata gli espone.
Intanto la causa con Oronte si sviluppa nel peggiore dei modi: Alceste perde e vive la questione come una vittoria della menzogna, dell’ingiustizia. Decide di andarsene da tutto e di ottenere la prova dell’amore di Cèliméne annunciandole questa drastica intenzione, ma verrà nuovamente deluso. Assiste infatti ad un incontro segreto fra la donna ed Oronte: Alceste le chiede. Solo l’arrivo di Arsinoè con altri due spasimanti traditi smaschera definitivamente Cèliméne. Davanti a tanta doppiezza e cinismo, tutti allontanano la donna… tranne Alceste. Egli è capace di perdonarla, le chiede in cambio la sua mano e di ravvedersi. Il colpo di scena è che Cèliméne si nega: per il misantropo è lo schiaffo definitivo che lo convince a esiliarsi dalla società per sempre.

“Il Misantropo” va in scena dal 26 al 30 maggio alla Sala Assicurazioni Generali. Le repliche serali iniziano alle ore 19.30 mentre quella pomeridiana della domenica inizia alle ore 17.

In accordo alle raccomandazioni per il contenimento dell’epidemia, si chiede di ricorrere in via preferenziale alla prenotazione e all’acquisto dal sito www.ilrossetti.it .
La biglietteria del Politeama Rossetti sarà aperta: da martedì a venerdì dalle 10 alle 18.30 e il sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18.30. Da un’ora prima dell’inizio degli spettacoli, la biglietteria lavora esclusivamente per le operazioni legate agli spettacoli in partenza.
Ricordiamo che la capienza delle sale è ridotta per il contingentamento: per informazioni sulla disponibilità di posti e altre eventuali esigenze, invitiamo a contattare la biglietteria telefonicamente, al tel. 040.3593511.

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