
Quando inizio a parlare della necessità di cambiamento vedo il vecchio sinistrorso disilluso e arrabbiato. Il giovane che non distingue (“xe tuti uguali”, versione dialettale triestina del “Franza o Spagna purchè se magna”). Il malinconico rancoroso, tendenzialmente anarchico che maledice il potere. Ma il più patetico è l’ex militante della maggioranza silenziosa. Quello che ha sottoscritto il contratto con gli italiani, a guardato al ristretto orticello del suo vantaggio personale ed ha votato imperterrito in nome della “libertà”.
I rappresentanti eletti hanno ristretto la libertà, discriminato i più sfortunati, consentito un insolito arricchimento a vantaggio dei soliti, pochi, noti senza minimamente avviare quella rivoluzione liberale che avevano propagandato. Ora anche l’ex (ex perché, è notorio, in Italia la fedeltà non è virtù praticata) deve subire i tagli di una manovra ingiusta e mantenere chissà per quanto i figli grandi ma senza un lavoro.
Forse potrebbe ora realizzare che la sbandierata meritocrazia è solo uno slogan e che i figli dei nomi eccellenti non fanno i precari, che la mobilità sociale è bloccata e potrebbe fare ammenda di fronte all’evidenza con un sincero e liberatorio “Ho sbagliato!”. Ma la scusa assolutoria è quasi sempre la stessa. Se capiscono che hai il cuore a sinistra ti dicono “I altri cosa ga fato?”. E se tu replichi che non appartieni a una sigla, ma a una direzione, a un’idea, concludono “Ma anche el novo Sindaco se porterà le segretarie sue e el spenderà più de 100.000 euro”. A quel punto mi cadono le braccia.
Gianni Cincopan