Jezabel 🗓 🗺

Ci resta sempre in fondo al cuore il rimpianto di un’ora, di un’estate, di un fuggevole istante in cui la giovinezza si schiude come una gemma.
Irène Némirovsky

 

Dal cinque febbraio al Politeama Rossetti è in scena “Jezabel” dal romanzo di Irène Némirovsky.

Sotto la direzione registica di Paolo Valerio, Elena Ghiaurov veste i panni della protagonista, una donna che non accetta di invecchiare, ma il testo narra molto di più: non si tratta solo di un ostinato aggrappamento alla giovinezza da parte della protagonista, ma si spazia tra tanti livelli di dolore, che partono dall’infanzia ed arrivano alla vecchiaia, tutti contraddistinti dalla mancanza d’amore e dalla convinzione che la bellezza e la giovinezza siano l’unica strada per farsi amare, esclusivamente da uomini, in maniera assoluta e con immutata passione.

In questo testo si parla esclusivamente della volontà di mantenere nel tempo costante questo livello, nel bisogno di sentirsi viva.

Nessun legame dunque potrà in questo modo appassire nel tempo, e nessuno merita attenzione se non rivolta a questo scopo.

Una donna capace di amare solamente questo suo bisogno, diviene dunque l’assassina di se stessa e di chi la circonda e per raccontare questo incredibile testo pregno di una potenza grandiosa, la scenografia è densamente simbolica. Gli elementi d’arredo sono appesi a delle corde, che scendono al bisogno, ma che rendono precaria la stabilità, fino al momento in cui qualcuno ne staccherà con sonora forza la loro dipendenza alle nuvole e al cielo, portandoli definitivamente a terra. Gli alberi, simboleggianti le difficoltà date nel percorso, saranno magicamente di contorno mutando colore e forma negli anni, a significare il tempo che scorre. Tutti gli altri attori saranno scalzi, in qualche modo non completi, nonostante porteranno abiti ambientati nel contesto e lei, la protagonista, apparirà impeccabile ma con l’animo vacuo.

Il risultato è inappuntabile così come la grande esibizione di Elena Ghiaurov.

Durante lo svolgimento, ogni spettatore può prendere lo spunto per una meditazione personale a seconda del proprio vissuto. Un uomo potrà cercare di comprendere meglio l’animo umano femminile, una madre potrà rielaborare un confronto con la propria figlia e viceversa, una donna si  potrà rivedere nella paura di non essere più apprezzata, gli anziani si specchieranno nella perdita di importanza data dalla loro età avanzata rispetto alla forza giovanile, i nonni rivedranno tutti i gradini che nella loro vita hanno dovuto salire nella evoluzione cronologica, ma soprattutto tutti si ritroveranno di fronte alla difficoltà di accettare il tempo che segna solchi indelebili sui corpi.

La sensazione principale che però rimarrà dopo aver visto  “Jezabel” , sarà la malinconica consapevolezza poetica che traccia il viale dei nostri tramonti.

Indiscussa la capacità di scrittura di Iréne Némirovsky che, nata a Kiev nel 1903 da un banchiere ebreo, vive un’infanzia agiata a San Pietroburgo: a causa della Rivoluzione d’Ottobre nel 1918 fugge con la famiglia, che si trasferisce a Parigi. Trascorre lì un periodo di grande vitalità e intensità culturale: si laurea alla Sorbona a pieni voti, inizia a scrivere e a pubblicare con successo, sposa Michel Epstein, un ingegnere ebreo russo da cui ha due figlie. Il suo romanzo d’esordio è “Le malentendu” (1926): seguono altri diciassette titoli, fra cui “Un enfant prodige”, “David Golder”, “Le bal”, “Les mouches d’automne” e scrive anche molti racconti. Forse il più noto fra i suoi lavori è la raccolta “Suite française” apparso postumo nel 2004 (dal secondo libro è stato tratto l’omonimo film diretto da Saul Dibb): un drammatico affresco del periodo della seconda guerra mondiale in Francia, che l’autrice purtroppo non riesce a completare. Viene infatti perseguitata per le leggi razziali: fugge da Parigi, mette in salvo le figlie (che poi pubblicheranno l’opera della madre) ma né lei né il marito si salvano dalla deportazione nel 1942 ad Auschwitz, dove muoiono entrambi.

Iréne Nèmirovsky è una delle voci femminili più significative e originali della letteratura fra le due guerre: a causa della sua vita, toccata dalle tragedie del Novecento, la sua importanza è emersa nella sua pienezza solo negli ultimi decenni.

Lo spettacolo replica fino a domenica 9 febbraio nel cartellone Prosa del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

Laura Poretti Rizman

Jezabhel, Ghiaurov, foto fornita da Teatro Stabile del FVG

JEZABEL

dal romanzo di Irène Némirovsky
 adattamento di Francesco Niccolini
con Elena Ghiaurov
e con Roberto Petruzzelli, Leonardo De Colle, Francesca Botti, Sara Drago,
Giulia Odetto, Jozef Gjura
al piano Sabrina Reale
regia Paolo Valerio

movimenti di scena Monica Codena
 scene Antonio Panzuto
costumi Luigi Perego
consulenza alle luci Luigi Saccomandi musiche Antonio Di Pofi

produzione Teatro Stabile di Verona – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Stabile di Napoli Teatro Nazionale

 

Scritto nel 1936 “Jezabel” di Iréne Némirovsky è un romanzo molto antesignano e per molti versi inquietante se guardato con gli occhi di oggi, per quante sono le attinenze con il nostro tempo. Diretto da Paolo Valerio, nell’adattamento di Francesco Niccolini, diviene ora uno spettacolo, con al suo centro la figura di una donna che non riesce ad accettare di invecchiare: una notevole prova d’attrice per Elena Ghiaurov.

Anche nel nostro presente sembra non esserci più posto né comprensione per la fragilità, l’imperfezione, la vecchiaia.
Ed un’attrice intelligente, sensibile, affascinante come Elena Ghiaurov si addentra in questa riflessione, incarnando un personaggio ricco di inquietanti suggestioni e di verità.

Il sipario si apre su un processo in cui la protagonista è accusata di omicidio. La donna, sessantenne ed ancora molto bella, avrebbe ucciso il proprio amante di quarant’anni più giovane. A ritroso si percorre dunque la sua vita, scoprendola capace di superare più di un matrimonio, gravi lutti, difficoltà, ma non di affrontare la paura di invecchiare, di non essere bella, di perdere la possibilità di stare al centro dell’attenzione.

È significativo che nella messinscena la danza sia una sorta di filo conduttore nella vita della protagonista, che balla da quando appare in società, appena diciottenne, fino alla fine.

«Jezabel – dice Paolo Valerio – è un romanzo crudele, umano e sublime. Il sentimento di smarrimento che ci attraversa, leggendo Irène Némirovsky, è l’immagine da cui sono partito per il progetto di regia. Una miriade di personaggi che entrano ed escono dalla vita di Jezabel – le donne amiche ma rivali, gli uomini, mariti e amanti, la figlia risoluta, il ricordo di una madre assente ed egoista – con Elena Ghiaurov che incarna un’eroina tragica, antica e contemporanea. Una scena che racconta oggetti che oscillano nell’incessante scorrere del tempo. E per ogni persona o cosa, l’ineluttabile paura della perdita. L’istante, come il piacere, non si può fermare. E come il teatro è evanescente, impalpabile, così Jezabel scivola nella sua vita, da un amore all’altro, nel disperato tentativo di fermare il destino. In realtà, la passione e il sangue la guidano nell’abisso dei suoi desideri. Lo scontro è con tutti, contro tutti e contro sé stessa. E quel che rimane è una disperata solitudine, simile alla pace del cuore di una musica che si dissolve in lontananza».

 

Alla Sala Assicurazioni Generali lo spettacolo replica alle ore 20.30 dal 5 all’8 febbraio e domenica 9 febbraio alle ore 16. Per biglietti e prenotazioni si suggerisce di rivolgersi alla Biglietteria del Politeama Rossetti, agli altri consueti punti vendita, o via internet sul sito www.ilrossetti.it. Informazioni anche al numero del Teatro 040.3593511.

 

 

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Scheduled Arte e spettacolo
Politeama Rossetti, 1, Largo Giorgio Gaber, Città Nuova-Barriera Nuova-San Vito-Città Vecchia, Trieste, UTI Giuliana, Friuli Venezia Giulia, 34126, Italia Map

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