La tragedia greca precipita verso l’epilogo

Come annuncia – con gergo più asettico del nostro – il giornale radio di lunedì mattina, i re magi della disperazione (cioè i plenipotenziari di FMI, BCE e UE, asserragliati nell’hotel/fortino Hilton di Atene) hanno presentato al Governo ellenico la richiesta di riscatto… pardon, l’ennesima ricetta anticrisi.
Il “documento” terrorizza più di una novella di Stephen King: al fine dichiarato di “risollevare” (!?) un Paese e un popolo in ginocchio – anzi, ormai scaraventati a terra – si pretendono, in cambio del versamento dell’ultima tranche di “aiuti”, tagli alla sanità pubblica, altre centinaia di migliaia di licenziamenti, l’abolizione di tredicesima e quattordicesima mensilità nel settore privato, la cancellazione di ciò che resta dei contratti collettivi e l’abbassamento dello stipendio minimo garantito a livelli da quarto mondo.
L’inferno è in terra, ma ai Signori della Finanza i roghi non bastano mai: già oggi, nell’infelicissima Grecia, la gente, privata di casa e futuro, bivacca nelle strade, i suicidi crescono in maniera esponenziale (+17% su base annua), i bimbi soffrono di malnutrizione. Incredibile, ma oscenamente vero: malnutrizione – all’alba del ventunesimo secolo, in Europa.
I partiti che sostengono il banchiere Papademos avanzano timide obiezioni al piano, ma si arrenderanno presto all’”inevitabile”: alla fine, c’è da scommetterci, le destre assortite e i socialcomplici del Pasok salmodieranno “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”, e firmeranno la condanna.
Cosa faranno i greci, a parte crepare di stenti? Chi scrive non lo sa, ma invita a porsi una domanda differente: cosa faremo noi per loro?
L’unica risposta giusta è: scendiamo in piazza. E non solo perché domani, o dopodomani, la stessa situazione potrebbe ripetersi a casa nostra – anzitutto, per solidarietà umana.
Se anche il Popolo ellenico avesse delle colpe, ripugna alla nostra coscienza che milioni di giovani, lavoratori e pensionati siano sacrificati sull’altare dei profitti per pochi.
Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo permetterlo.
Riempiamo le strade d’Europa di bandiere greche, testimoniano la nostra vicinanza a chi soffre ingiustamente; costringiamo governi codardi e spietati a riscrivere la lista delle priorità.
Se l’intera Europa lavoratrice marcerà idealmente al loro fianco, i greci ritroveranno fiducia, e speranza: nessun muro, nessun fortilizio, neppure le armi spianate sapranno fermarli.
Nel cuore di un gelido inverno, già il calendario annuncia la primavera: che sia primavera dei Popoli, in ogni angolo d’Europa.

Norberto Fragiacomo
Segretario Lega dei Socialisti Nordest

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