L’apparenza inganna

foto©Tommaso Le Pera

La nuova produzione della Contrada, “L’apparenza inganna” di Veber con Maurizio Micheli e Tullio Solenghi, conclude la sua lunga tournée al Teatro Orazio Bobbio di Trieste.

  Arriva finalmente anche a Trieste la nuova attesissima produzione della Contrada-Teatro Stabile di Trieste, “L’apparenza inganna”, che concluderà al Teatro Orazio Bobbio dal 13 al 22 aprile la sua prima lunga tournée in giro per l’Italia. Forti di una commedia che sta spopolando da mesi nelle principali città italiane, Maurizio Micheli e Tullio Solenghi – al terzo anno di collaborazione con lo Stabile privato triestino dopo le due fortunate stagioni di “Italiani si nasce” – portano in scena nella duplice veste di protagonisti e curatori dell’adattamento questa commedia di Francis Veber. Il progetto di riadattare questo testo, che aveva particolarmente colpito Tullio Solenghi fin dalla prima uscita dell’omonimo film qualche anno fa, si è sviluppato proprio durante la tournée di “Italiani si nasce”, grazie anche all’affiatamento che si è creato con Micheli. Dopo i grandi successi del “Rompiballe” e della “Cena dei cretini”, Veber – considerato non a torto il Neil Simon francese – compie con “L’apparenza inganna” un ulteriore salto di qualità, aderendo più credibilmente alle trame del reale e abbandonando i toni spesso farseschi dei lavori precedenti. Al punto che a 10 anni di distanza dall’uscita dell’omonimo film, quest’opera mantiene ancora tutta la sua attualità, affrontando, seppur in chiave comica, temi di dominio pubblico come mobbing, disoccupazione, discriminazione sessuale, omofobia, stalking. Con la consueta verve comica che li contraddistingue, Micheli e Solenghi creano una nuova versione teatrale tratta dalla sceneggiatura originale, la quale, pur non tradendone le trame essenziali, tiene conto di un’inevitabile “italianizzazione” di ambienti e personaggi. La vicenda del protagonista, Pino Tricarico, contabile diligente e uomo mite senza qualità, prende l’avvio dal suo licenziamento deciso da Ercole Spadoni, direttore del personale violento e volgare che lo ha sempre deriso, considerandolo un’emerita nullità e, di conseguenza, il primo della lista degli impiegati in esubero, resosi necessario dal ridimensionamento dell’azienda. Questa ennesima tegola che si abbatte sul poveretto, oltre al divorzio dalla moglie di cui è ancora innamorato e al fatto che il figlio non lo consideri minimamente, lo porta a contemplare il suicidio. Fermato in tempo dal vicino di casa, sarà proprio quest’ultimo ad escogitare uno stratagemma per salvarsi il posto di lavoro: fingersi gay (così che la dirigenza non proceda con il licenziamento per paura di mobilitare le associazioni omosessuali). Tricarico, dapprima riluttante, accetta di buon grado il nuovo ruolo generando una serie di reazioni esilaranti, prima fra tutte quella rudemente omofoba di Spadoni. In breve, però, la sua nuova identità gli procura un insospettabile successo su tutti i fronti e ribalta completamente le sue sorti, in ufficio, nella società e anche nella vita privata, trasformandolo da oscuro contabile a icona del movimento omosessuale. Parallelamente il suo rozzo rivale subirà una trasformazione uguale e contraria, diventando un amico delicato e amorevole, fiero sostenitore anch’egli della causa dei gay. Il turbinio di eventi che viene generato ci conduce ad un classico lieto fine, con il reintegro del licenziato che riuscirà anche a riguadagnare la fiducia del figlio e la stima dei colleghi, primo fra tutti il suo feroce antagonista. Per dirigere lo spettacolo, Solenghi, che cura anche la regia, ha volutamente mantenuto la frammentarietà del racconto tipica del taglio cinematografico, operando una sorta di montaggio teatrale, con scene che si susseguono a ritmo incalzante, caratteristica comune di molte messe in scena del teatro attuale. L’attenzione primaria è sempre verso lo spettatore e la sua costante partecipazione, che non deve mai recedere, pena l’efficacia del nostro racconto. Un racconto che deve essere reale, coinvolgente e al tempo stesso divertente, e che parta dalla credibilità e dal processo di identificazione dello spettatore: se le avventure dei protagonisti non riguardano un po’ anche chi è seduto in platea risulta poi difficile, o quanto meno superficiale, il divertimento che ne deriva. Accanto a Maurizio Micheli nel ruolo di Tricarico e Tullio Solenghi in quello di Spadoni, si muove in scena la stessa compagine di “Italiani”: Massimiliano Borghesi, Sandra Cavallini, Paolo Gattini, Adriano Giraldi, Fulvia Lorenzetti, Matteo Micheli e Enzo Saturni. Le scenografie de “L’apparenza inganna” sono state ideate da Alessandro Chiti, mentre i costumi sono di Andrea Stanisci, le musiche di Massimiliano Forza, arrangiate da Fabio Valdemarin, e il disegno luci di Filippo Caselli. Dopo una lunga tournée partita in gennaio da Faenza che ha toccato, fra le altre, le piazze di Milano, Torino, Bologna, Bari, Napoli, Trento, Firenze e Genova, “L’apparenza inganna” – tredicesimo spettacolo in abbonamento – debutta a Trieste venerdì 13 aprile alle 20.30 e rimane in scena fino a domenica 22 con i consueti orari del Bobbio: serali 20.30, martedì e festivi 16.30, lunedì riposo. Parcheggio gratuito all’interno della Fiera di Trieste (ingresso principale in P.le De Gasperi) per tutte le recite. Prevendita dei biglietti, prenotazione dei posti e cambi turno presso la biglietteria del Teatro Bobbio o al TicketPoint di Corso Italia 6/C. Prevendita On Line: Circuito VIVATICKET by Charta (vivaticket.it). Informazioni: 040.390613; contrada@contrada.it; www.contrada.it.

Comunicato stampa del 30 dicembre 2011:

Debutta venerdì 13 gennaio al Teatro Masini di Faenza la nuova produzione della Contrada-Teatro Stabile di Trieste, “L’apparenza inganna”. Protagonisti e curatori dell’adattamento italiano dal testo originale di Francis Veber – considerato non a torto il Neil Simon francese – sono Maurizio Micheli e Tullio Solenghi, al terzo anno di collaborazione con lo Stabile privato triestino dopo due fortunate stagioni di “Italiani si nasce”, lo spettacolo campione d’incassi con cui hanno dato vita a questo nuovo sodalizio comico.
Il progetto di portare in scena questo testo, che aveva particolarmente colpito Tullio Solenghi fin dalla prima uscita dell’omonimo film qualche anno fa, si è sviluppato proprio durante la tournée di “Italiani si nasce”, grazie anche all’affiatamento che si è da subito creato con Maurizio Micheli.
Dopo i grandi successi del “Rompiballe” e della “Cena dei cretini”, con “L’apparenza inganna” Veber compie un ulteriore salto di qualità, aderendo più credibilmente alle trame del reale e abbandonando i toni spesso farseschi dei lavori precedenti. Al punto che a 10 anni di distanza dall’uscita dell’omonimo film, quest’opera mantiene ancora tutta la sua attualità, affrontando, seppur in chiave comica, temi di dominio pubblico come mobbing, disoccupazione, discriminazione sessuale, omofobia, stalking.
Con la consueta verve comica che li contraddistingue, Micheli e Solenghi creano una nuova versione teatrale tratta dalla sceneggiatura originale, la quale, pur non tradendone le trame essenziali, tiene conto di un’inevitabile “italianizzazione” di ambienti e personaggi.
La vicenda del protagonista, Pino Tricarico, contabile diligente e uomo mite senza qualità, prende l’avvio dal suo licenziamento ad opera del direttore del personale, Ercole Spadoni, collega violento e volgare che lo ha sempre deriso considerandolo un’emerita nullità e, di conseguenza, il primo della lista degli impiegati in esubero, resosi necessario dal ridimensionamento dell’azienda.
Questa ennesima tegola che si abbatte sul poveretto, oltre al divorzio dalla moglie di cui è ancora innamorato e al fatto che il figlio non lo consideri minimamente, lo porta a contemplare il suicidio. Fermato in tempo dal vicino di casa, sarà proprio quest’ultimo ad escogitare uno stratagemma per salvare il posto di lavoro: fingersi gay (così che la dirigenza non proceda con il licenziamento per paura di mobilitare le associazioni omosessuali).
Tricarico, dapprima riluttante, accetta di buon grado il nuovo ruolo generando una serie di reazioni esilaranti, prima fra tutte quella rudemente omofoba di Spadoni. In breve, però, la sua nuova identità gli procura un insospettabile successo su tutti i fronti e ribalta completamente le sue sorti, in ufficio, nella società e anche nella vita privata, trasformandolo da oscuro contabile a icona del movimento omosessuale. Parallelamente il suo rozzo rivale subirà una trasformazione uguale e contraria, diventando un amico delicato e amorevole, fiero sostenitore anch’egli della causa dei gay. Il turbinio di eventi che viene generato ci conduce ad un classico lieto fine, con il reintegro del licenziato che riuscirà anche a riguadagnare la fiducia del figlio e la stima dei colleghi, primo fra tutti il suo feroce antagonista.

Per dirigere lo spettacolo, Solenghi, che cura anche la regia, ha volutamente mantenuto la frammentarietà del racconto tipica del taglio cinematografico, operando una sorta di montaggio teatrale, con scene che si susseguono a ritmo incalzante, caratteristica comune di molte messe in scena del teatro attuale. L’attenzione primaria è sempre verso lo spettatore e la sua costante partecipazione, che non deve mai recedere, pena l’efficacia del nostro racconto. Un racconto che deve essere reale, coinvolgente e al tempo stesso divertente, e che parta dalla credibilità e dal processo di identificazione dello spettatore: se le avventure dei protagonisti non riguardano un po’ anche chi è seduto in platea risulta poi difficile, o quanto meno superficiale, il divertimento che ne deriva.
Livornese di nascita, Maurizio Micheli si diploma alla Scuola d’arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano, prendendo in seguito la laurea al DAMS di Bologna. Negli anni ’70 debutta al cinema in “Allegro non troppo” di Bruno Bozzetto mentre a teatro è interprete di numerosi spettacoli con registi di fama come Patrice Chéreau e Aldo Trionfo, fino al grande successo di Mi voleva Strehler (1978), scritto con Umberto Simonetta, tuttora in scena con più di mille repliche all’attivo. Negli anni ‘80 la partecipazione a numerosi programmi televisivi e a diversi film – diretti, fra gli altri, da Sergio Corbucci, Ettore Scola, Nanny Loy, Steno, Dino Risi, Castellano e Pipolo – lo rendono popolare al grande pubblico.
Negli anni porta a teatro diversi spettacoli di successo: In America lo fanno da anni, scritto assieme a Simonetta; L’ultimo degli amanti focosi di Neil Simon, per la regia di Nanni Loy; Romance romance, commedia musicale diretta da Luigi Squarzina; Disposto a tutto scritto con Enrico Vaime; alcune commedie musicali firmate da Garinei e Giovannini (Buonanotte Bettina con Benedicta Boccoli, Un paio d’ali con Sabrina Ferilli, Un mandarino per Teo con Arianna). Fra i suoi successi più recenti, oltre a Italiani si nasce, La presidentessa con Sabrina Ferilli per la regia di Gigi Proietti e Il letto ovale con Barbara D’Urso e Sandra Milo, diretti da Gino Landi.
Nato a Genova, Tullio Solenghi frequenta la Scuola di Teatro dello Stabile di Genova, dove conosce Massimo Lopez. Debutta in teatro nel 1970 con Madre coraggio di Brecht, prodotto dallo Stabile genovese, con cui la collaborazione proseguirà per altre 7 stagioni di fila. Nel 1982 fonda il celebre “Trio” con Anna Marchesini e Massimo Lopez, che debutta con il programma di Radio2 “Helzapoppin”. L’immediato riscontro del pubblico premia il “Trio” dando inizio ad un sodalizio artistico di grandissimo successo, destinato a mietere successi e applausi per oltre un decennio. Il Trio ha fatto la storia della televisione italiana portando al successo numerose trasmissioni e giungendo all’apice della popolarità nel 1990 con la parodia de “I promessi sposi”. A teatro portano due spettacoli, Allacciare le cinture di sicurezza (1987) e In principio era il trio (1991), entrambi campioni di incassi in tutta Italia.
Sciolto il sodalizio nel 1994, Solenghi si alterna fra la televisione e il teatro. Sul piccolo schermo conduce “Domenica In” nel 1998 assieme a Giancarlo Magalli, diverse edizioni di “Striscia la Notizia” e dal 2003 presenta i Premi ETI-Gli Olimpici del Teatro. Fra i suoi più recenti successi teatrali ci sono invece Le nozze di Figaro di Beaumarchais (2006/2007) e L’ultima radio di Sabina Negri (2008). Ha inoltre appena concluso le repliche della Moscheta del Ruzante, prodotto dallo Stabile di Genova.
Accanto a Maurizio Micheli nel ruolo di Tricarico e Tullio Solenghi in quello di Spadoni, si muove in scena la stessa compagine di “Italiani”: Massimiliano Borghesi, Sandra Cavallini, Paolo Gattini, Adriano Giraldi, Fulvia Lorenzetti, Matteo Micheli e Enzo Saturni.
Le scenografie de “L’apparenza inganna” sono state ideate da Alessandro Chiti, mentre i costumi sono di Andrea Stanisci, le musiche di Massimiliano Forza, arrangiate da Fabio Valdemarin, e il disegno luci di Bruno Guastini.
Nuova produzione della Contrada-Teatro Stabile di Trieste, “L’apparenza inganna” effettuerà una lunga tournée in tutta Italia da gennaio ad aprile: dopo il debutto nazionale al Teatro Masini di Faenza (RA) venerdì 13 gennaio, lo spettacolo toccherà, fra le altre, le piazze di Milano, Torino, Bologna, Bari, Napoli, Trento, Firenze e Genova.
Lo spettacolo concluderà il suo primo anno di tournée al Teatro Orazio Bobbio di Trieste (sede della Contrada), dal 13 al 22 aprile.
Informazioni: 040.390613; contrada@contrada.it; www.contrada.it.

 

Comunicato stampa del 22 dicembre 2011:

Sono in pieno svolgimento a Roma le prove de “L’apparenza inganna”, la nuova produzione della Contrada-Teatro Stabile di Trieste, che debutterà al Teatro Masini di Faenza venerdì 13 gennaio 2012.
Protagonisti e curatori dell’adattamento italiano dal testo originale di Francis Veber sono Maurizio Micheli e Tullio Solenghi, al terzo anno di collaborazione con lo Stabile privato triestino dopo due fortunate stagioni di “Italiani si nasce”, lo spettacolo campione d’incassi con cui hanno dato vita a questo nuovo sodalizio comico.
Dopo i grandi successi del “Rompiballe” e della “Cena dei cretini”, Francis Veber – considerato non a torto il Neil Simon francese – compie con “L’apparenza inganna” un ulteriore salto di qualità, aderendo più credibilmente alle trame del reale e abbandonando i toni spesso farseschi dei lavori precedenti.
Solenghi e Micheli riprendono oggi questo testo che, a 10 anni di distanza dall’uscita dell’omonimo film, mantiene ancora tutta la sua attualità, affrontando, seppur in chiave comica, temi di dominio pubblico come mobbing, disoccupazione, discriminazione sessuale, omofobia, stalking. Nasce così una nuova versione teatrale tratta dalla sceneggiatura originale, la quale, pur non tradendone le trame essenziali, tiene conto di un’inevitabile “italianizzazione” di ambienti e personaggi.
La vicenda di Pino Tricarico, contabile diligente e uomo mite senza qualità, prende l’avvio dal suo licenziamento ad opera del direttore del personale, Ercole Spadoni, collega violento e volgare che lo ha sempre deriso considerandolo un’emerita nullità e, di conseguenza, il primo della lista degli impiegati in esubero, resosi necessario dal ridimensionamento dell’azienda.
Questa ennesima tegola che si abbatte sul poveretto, oltre al divorzio dalla moglie di cui è ancora innamorato e al fatto che il figlio non lo consideri minimamente, lo porta a contemplare il suicidio. Fermato in tempo dal vicino di casa, sarà proprio quest’ultimo ad escogitare uno stratagemma per salvarsi il posto di lavoro: fingersi gay, così che la dirigenza non proceda con il licenziamento per paura di mobilitare la associazioni omosessuali.
Tricarico, dapprima riluttante, accetta di buon grado il nuovo ruolo generando una serie di reazioni esilaranti, prima fra tutte quella rudemente omofoba di Spadoni. In breve, però, la sua nuova identità gli procura un insospettabile successo su tutti i fronti e ribalta completamente le sue sorti, in ufficio, nella società e anche nella vita privata, trasformandolo da oscuro contabile a icona del movimento gay… con tutte le inevitabili conseguenze del caso.
Accanto a Maurizio Micheli nel ruolo di Tricarico e Tullio Solenghi in quello di Spadoni, si muove in scena la stessa compagine di “Italiani”: Massimiliano Borghesi, Sandra Cavallini, Paolo Gattini, Adriano Giraldi, Fulvia Lorenzetti, Matteo Micheli e Enzo Saturni.
La regia de “L’apparenza inganna” è dello stesso Solenghi, con le scenografie di Alessandro Chiti, i costumi di Andrea Stanisci, le musiche di Massimiliano Forza, arrangiate da Fabio Valdemarin, e il disegno luci di Bruno Guastini.
Nuova produzione della Contrada-Teatro Stabile di Trieste, “L’apparenza inganna” effettuerà una lunga tournée in tutta Italia: dopo il debutto nazionale al Teatro Masini di Faenza (RA) venerdì 13 gennaio, lo spettacolo toccherà, fra le altre, le piazze di Milano, Torino, Bologna, Bari, Napoli, Trento, Firenze e Genova.
Lo spettacolo concluderà il suo primo anno di tournée al Teatro Orazio Bobbio di Trieste (sede della Contrada), dal 13 al 22 aprile.
Informazioni: 040.390613; contrada@contrada.it; www.contrada.it.

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