Nò Moderni

TEATRO STABILE SLOVENO

stagione in abbonamento 2013/14

 

 

 IL TEATRO STABILE SLOVENO AI FESTIVAL

(ljubljana, maribor, novi sad, sečovlje)

 

La produzione del Teatro Stabile Sloveno Nô moderni di Yukio Mishima nella regia di Mateja Koležnik è stata inserita nella selezione di spettacoli in competizione per il programma del principale festival teatrale sloveno, il XLIX Borštnikovo srečanje.

Prima dell’importante impegno autunnale, il teatro triestino è stato e sarà presente in questo periodo nei programmi di diversi festival nazionali ed internazionali. La coproduzione TSS con il teatro nazionale Drama di Ljubljana Ancora tempesta di Peter Handke è andata in scena il 28 maggio nell’ambito del VIX Festival Sterijino pozorje a Novi Sad in Bosnia, dove la replica del monumentale spettacolo è stata accompagnata da critiche entusiastiche.

All’inizio di giugno il teatro ha partecipato anche alla prima edizione del Drama Festival, organizzato dal teatro nazionale Drama di Ljubljana. In questo contesto è stata presentata la più recente produzione TSS, i Nô moderni, interpretata dagli attori della compagnia stabile del TSS Nikla Petruška Panizon, Lara Komar, Luka Cimprič, Romeo Grebenšek e Primož Forte. La direttrice artistica del Teatro Stabile Sloveno Diana Koloini è stata invitata a condurre uno degli incontri nello spazio dedicato ai dibattiti sugli spettacoli in programma e a parlare della produzione presentata nell’intensa settimana festivaliera.

Sabato 14 giugno il teatro triestino sarà nuovamente presente a Ljubljana con la replica in data unica della coproduzione Ancora tempesta, ospitata sul palcoscenico principale del Drama di Ljubljana con inizio alle 19.00.

Il dramma contemporaneo di Spiro Scimone Pali nella regia di Marko Sosič andrà invece in scena il 23 giugno alle 21.30 nel suggestivo contesto delle saline di Sicciole nell’ambito del XX Festival del Litorale- Primorski poletni festival.

SSG-Koli-Pali, foto fornita da TSS
SSG-Koli-Pali, foto fornita da TSS
Se vedno vihar, foto fornita da TSS
Se vedno vihar, foto fornita da TSS

Due box contengono due racconti per una storia. In una la sezione radiofonica fornisce i suoni e la voce, nell’altra la rappresentazione lenta del racconto di una realtà che andrebbe spesso soppesata maggiormente.

Frasi e comportamenti, visti al rallentatore, forniscono ottimi spunti di meditazioni profonde che permettono spesso di vedere i comportamenti assunti in vita come sotto una lente di ingrandimento dove spesso i significati si capovolgono e quelli che frettolosamente a volte passano strani ed assurdi, in questo modo appaiono sensati e ricchi di matura consapevolezza.

Così, la donna che aspetta e desidera il rientro del suo amato, nel momento del raggiungimento del suo desiderio, inizia pian piano a morire, essendo svanito il suo senso di vita: allo stesso modo, nel raggiungere il massimo piacere nel raggiungere il compimento del desiderio tanto atteso e divenuto fonte di vita, null’altro potrà sembrare più attraente e qualunque cosa perderà d’interesse.

Fantasmi abnormali e irreali appaiono sulla scena, come ad anticipare le paure. I tempi rallentati danno il tocco finale a quest’elegante rappresentazione che ha portato a Trieste non solo il teatro Nô giapponese, ma lo ha arricchito di una visione slovena con una regia splendida che si è avvalsa di una sapiente recitazione da parte degli attori, ma anche di una scenografia elegante e intelligente che divide in due il palcoscenico racchiudendo due realtà, quasi ad evidenziare la voce interiore da una parte e la razionale dall’altra, come fosse un cervello diviso tra ragione maschile e fantasia femminile. Anche i costumi moderni presentano  una notevole eleganza, legandosi l’un l’altro nel colore rosso.

Splendida la simbologia della proiezione sul corpo e del gioco con l’autoscatto. La macchina fotografica vista come strumento che diviene parte di noi stessi.

Interessanti anche le frasi che diventano aforismi e che parlano di realtà, di parole, di amore e del contrario di questo.

In conclusione la frase “Chi non attende, fugge.” è un’ottimo spunto per ripartire con un’ulteriore analisi del testo.

©Laura Poretti Rizman

Intervista a Rossana Paliaga, responsabile per le Relazioni esterne del Teatro Stabile Sloveno di Trieste.

Laura Poretti Rizman: A Rossana Paliaga chiedo di illustrare brevemente il teatro Nô di Mishima in relazione al nuovo spettacolo NŌ MODERNI per la regia di Mateja Koležnik, presentato al Teatro Stabile Sloveno di Trieste.

Rossana Paliaga: I drammi no di Mishima sono stati scritti su modelli risalenti al XIII e Xv secolo. Il loro punto di partenza non risiede nel testo ovvero nella vicenda, ma in una danza ritual di derivazione cinese.

 

Il termine Nô indica il teatro tradizionale giapponese, che unisce teatro, danza e musica ed era originariamente legato ai templi buddisti.

Dal punto di vista dei soggetti, questi drammi si fondano su leggende dai contenuti morali. L’intero repertorio consta di 240 brevi drammi che vengono messi in scena in maniera tradizionale ancora oggi. Si possono suddividere in 5 tipi a seconda della natura dell’eroe principale:

Drammi sugli dei

Drammi di carattere militare

Drammi femminili

Drammi di vita vissuta tra i quali si possono annoverare anche quelli burleschi

Drammi sui demoni

In linea di massima possono tuttavia essere suddivisi anche in “fantasmi no” nei quali il protagonista è un fantasma, un dio o un demone, oppure “no del mondo reale” nei quali il protagonista è l’uomo. Per tradizione il programma di una rappresentazione no è costituito da una successione di cinque drammi di genere diverso, intervallati da farse.

Il teatro no è fortemente codificato e stilizzato. I testi sono recitati e cantati: musica, danza e teatro contribuiscono alla realizzazione dello spettacolo. Ogni attore o musicista si specializza in uno dei ruoli necessari alla rappresentazione no e lo perfeziona per tutta la vita. Gli spettacoli vengono interpretati su palcoscenici vuoti ma strutturati con grande precisione.

Mishima si è occupato molto dei valori tradizionali della cultura giapponese. Il dramma no è diventata così un punto di partenza fondamentale per lo sviluppo della sua poetica in un processo di modernizzazione.

In ognuno dei cinque drammi ha utilizzato ruoli ed elementi dei modelli originali, abbandonando però gesti rituali, maschere, costumi e attrezzistica che sono tipici del teatro no. Ha chiuso lo spazio scenico e l’ha modellato secondo i canoni occidentali della scatola barocca.

Nel nostro concetto drammaturgico e di regia abbiamo deciso di conservare il concetto di rappresentazione di una serie di cinque drammi. In questo modo entriamo in dialogo con la tradizione e con l’idea di Mishima di conservare questa tradizione. La decisione strutturalmente più complessa è legata alla creazione di rapporti dinamici all’interno della successione dei cinque drammi. Abbiamo deciso l’ordine in base a microrapporti che riguardano temi e personaggi. Abbiamo deciso di rendere portante uno dei drammi, Hanjo, che permette nella maniera più appropriata la decostruzione ovvero la frammentazione e ripetizione di motivi al suo interno.

Il tema principale è l’amore impossibile della protagonista principale di questo dramma. Il suo esilio volontario esprime la paura della vita e i demoni provenienti dagli altri drammi rappresentati sono le personificazioni delle sue paure.

L’intreccio di drammi diversi che non hanno più confini tra di loro ma contribuiscono alla definizione di una situazione principale e unitaria possono essere letti nella forma di un No unitario e moderno.

Gli attori si adattano di volta in volta alle diverse situazioni e personaggi e più che caratteri personificano funzioni. Gli uomini interpretano ruoli femminili e questo rompe il concetto di teatro realistico, diventando una citazione ancora più precisa di teatro no classico.

Il palcoscenico è diviso in due sezioni. Quella di sinistra è lo spazio teatrale di rappresentazione dei contenuti, lo spazio di destra, chiuso da una parete trasparente, ha invece la funzione di meccanismo che serve alla parte di sinistra come commento o elemento di completamento. Questa suddivisione ibndica anche una divisione formale di due tipi di rappresentazione del contenuto verbale, quello che si affida alla sola voce, e quello fisico, che si fonda sul gesto. La suddivisione evidenzia il dinamismo all’interno delle strutture dualistiche del teatro no. Gli attori sono un elemento attivo che annulla il confine tra gli spazi e conferma l’unità del palcoscenico.

Il concetto del radiodramma è il modello fondante all’interno del quale abbiamo posto tre tipi fondamentali di interpretazione radiofonica. La prima è una citazione di radiodramma degli anni ’50, quando ci si serviva di effetti dal vivo creati dagli attori stessi. Il secondo è un notturno letterario, nel quale un attore interpreta tutti i personaggi e gli effetti sono sostituiti dalla musica di sottofondo che crea l’atmosfera adatta. Il terzo tipo, che appartiene in particolar modo alla tradizione slovena, è invece la registrazione radiofonica di uno spettacolo teatrale. Si conserva quindi l’atmosfera dello spazio scenico e l’intensità della recitazione, con la differenza che gli attori recitano davanti a un microfono.

Il ruolo del Demone nel teatro no è estremamente importante per la comprensione del personaggio e delle sue azioni. Nel nostro spettacolo vengono utilizzati quattro demoni: una anziana donna nel parko, una donna innamorata del marito della malata Aoi, un vecchio che per un amore non corrisposto si getta dalla finestra e il giovane Yoroboshi, diventato cieco davanti al bagliore dell’apocalisse.

Vecchiaia, solitudine, attesa le tre parole chiave.

intervista©Laura Poretti Rizman

NŌ MODERNI
regia: Mateja Koležnik

Nell’opera di Yukio Mishima, controverso autore giapponese, spicca una serie di drammi nei quali  ha rielaborato i classici giapponesi alla luce del teatro contemporaneo occidentale. Ognuno di essi racchiude la storia di un amore impossibile. La regia è affidata a Mateja Koležnik. 

NO DRAME Nikla Petruska Panizon, foto fornita da TSS
NO DRAME Nikla Petruska Panizon, foto fornita da TSS
NO DRAME Lara Komar, Nikla Petruska Panizon, foto fornita da TSS
NO DRAME Lara Komar, Nikla Petruska Panizon, foto fornita da TSS
NO DRAME Nikla Panizon, Luka Cimpric, Romeo Grebensek, Primoz Forte, foto fornita da TSS
NO DRAME Nikla Panizon, Luka Cimpric, Romeo Grebensek, Primoz Forte, foto fornita da TSS

I NŌ MODERNI di Yukio Mishima chiuderanno in maggio la serie di produzioni della stagione corrente del Teatro Stabile Sloveno di Trieste. Il fil rouge dell’amore che caratterizza il motto Le tracce del cuore avrà in questo caso la nota esotica e non convenzionale dei rapporti impossibili, poetici, sublimati, morbosi, anche surreali che l’apprezzata regista slovena Mateja Koležnik metterà in scena con un approccio originale all’affascinante intreccio di moderno e atemporale, di elementi orientali e occidentali che compongono la nota serie di atti unici.
I drammi nō sono una forma artistica che appartiene alla grande tradizione del teatro classico giapponese e vengono messi in scena nelle loro forme canoniche ancora oggi. Yukio Mishima, l’autore giapponese di maggiore fama internazionale della seconda metà del secolo scorso, ha elaborato i canoni del teatro tradizionale alla luce del teatro moderno, riuscendo a conservarne lo spirito originale e permeandole al contempo di nuova linfa, tanto da farle apparire moderne e immediate come se fossero state scritte oggi. In questo modo sono riuscite a varcare i confini fella tradizione nipponica e a trasferirsi sui palcoscenici di tutto il mondo. Queste cinque opere parlano con singolare delicatezza di amore impossibile. Le storie si sviluppano tra una serie di paradossi e colpi di scena mai casuali che svelano le logiche profonde del desiderio.
Lo stile di Mishima è caratterizzato da elementi poetici ed estetici tradizionali e moderni che superano i confini tra le diverse culture. Mishima ha subito il fascino della cultura classica europea come anche dell’America del suo tempo. Nel caso dei drammi nō diventa particolarmente evidente il legame tra la dimensione mitica della cultura antica giapponese e moderne forme di espressione e di rappresentazione, fortemente caratterizzate dall’elemento simbolico. L’autore ha espresso il desiderio che questi testi fossero scritti in maniera tale da »poter essere rappresentati anche sulla panchina di un parco newyorchese«.
In Sotoba Komachi la protagonista è un’anziana donna nella quale un poeta riconosce il proprio amore giovanile. Yoroboshi è la storia di un ragazzino diventato cieco alla vista della fine del mondo durante i bombardamenti della città. Nel Tamburello di seta un anziano si innamora di una giovane donna che promette un bacio al richiamo di un tamburello che però non emette alcun suono.  In Aoi  la signora Rokujo perseguita come uno spirito malvagio la moglie malata di un ex amante. In Hanjo la fotografa  Jitsuko si occupa della giovane e folle geisha Hanako che trascorre la vita nell’attesa del ritorno del proprio amato.
Kimitake Hiraoka (più noto con lo pseudonimo di Yukio Mishima) è stato scrittore, intellettuale ed eccentrico patriota, una personalità controversa che ha ottenuto fama internazionale ed è stato candidato tre volte al Premio Nobel. La riflessione sulla morte lo ha accompagnato in maniera ossessiva per l’intero corso della sua esistenza e si riflette anche nella sua opera. Mishima ha scelto di morire nel 1970 eseguendo il suicidio rituale della propria antica tradizione.
La scrittrice francese Marguerite Yourcenar ha pubblicato nel 1985 la traduzione francese dei drammi nō di Mishima considerandone cinque (i tradizionali spettacoli nō si compongono effettivamente di cinque parti). Questa scelta è stata ripresa dalla traduttrice Marija Javoršek che ha firmato la versione slovena sulla base della quale è stato creata la nuova produzione del Teatro Stabile Sloveno.
La regia è a cura di Mateja Koležnik, una delle artiste più apprezzate della scena slovena attuale che in questa occasione collaborerà per la prima volta con il TSS di Trieste. La sua regia metterà al centro dell’allestimento il dramma Hanjo, attorno al quale le altre storie ruoteranno in una dimensione onirica e visionaria, realizzata con la collaborazione del dramaturg Goran Ferčec.
I ruoli di tutti i personaggi dei nō verranno interpretati dagli attori della compagnia stabile del TSS Luka Cimprič, Nikla Petruška Panizon, Lara Komar, Primož Forte e Romeo Grebenšek.
Il coreografo Matija Ferlin ha svolto un ruolo fondamentale nel fissare l’espressività dei movimenti che caratterizzano i vari personaggi. L’estetica occidentale e moderna dello spettacolo è opera dello scenografo Mauricio Ferlin e del costumista Matija Ferlin. La colonna sonora è stata composta da  Mitja Vrhovnik Smrekar che ha recentemente ottenuto un grande successo personale con le musiche della produzione TSS Lo zio Vanja.
A causa del numero limitato di posti disponibili nella sala del Ridotto, la prima dello spettacolo verrà raddoppiata. Il debutto per giornalisti ed ospiti è previsto giovedì 8 maggio alle ore 20.30, la prima in abbonamento seguirà invece venerdì 9 maggio alle ore 20.30. Le repliche proseguiranno fino al 25 maggio. Tutti gli spettacoli sono sovratitolati in italiano.

Yukio Mishima
NŌ MODERNI
Titolo originale: KINDAI NOGAKU-SHU.
Traduzione slovena: Marija Javoršek – sulla base della traduzione di Marguerite Yourcenar

Regia Mateja Koležnik
Coreografia Matija Ferlin
Dramaturg Goran Ferčec
Scenografo Mauricio Ferlin
Costumista Matija Ferlin
Musiche Mitja Vrhovnik Smrekar
Light design Rafael Cavarra
Lettore Jože Faganel

Con:
Luka Cimprič
Nikla Petruška Panizon
Lara Komar
Primož Forte
Romeo Grebenšek

Direttrice di scena e attrezzista Sonja Kerstein
Suggeritrice e sovratitoli Neda Petrovič
Traduzione sovratitoli Tanja Sternad
Capo macchinista Giorgio Zahar
Fonico Diego Sedmak
Guardarobiera Silva Gregorčič
Macchinisti Moreno Trampuž, Marko Škabar
Capo tecnico Peter Furlan
Elettricisti Rafael Cavarra, Peter Korošic

Prima e repliche:
giovedì 8 maggio alle 20.30- PRIMA (ospiti e giornalisti)
venerdì 9 maggio alle 20.30 – PRIMA IN ABBONAMENTO- turni A, F
sabato 10 maggio alle 20.30 – turno B
giovedì 15 maggio alle 20.30 – turno T
venerdì 16 maggio alle 20.30 – turni A,F
sabato 17 maggio alle 20.30 – turno B
domenica 18 maggio alle 16.00 – turno C
venerdì 23 maggio alle 20.30 – turno T
sabato 24 maggio alle 19.00 – turno K
domenica 25 maggio alle 16.00 – turno C
tutti gli spettacoli sono sovratitolati in italiano

I NOSTRI OSPITI…

Mateja Koležnik
Nata a Metlika, in seguito a una breve ma intensa carriera da cantautrice ha studiato filosofia e regia teatrale. Si è affermata in particolare con messe in scena di drammi contemporanei europei e americani, tra i quali Coltelli nelle galline di David Harrower e Festa in famiglia di Vinterberg e Rukov (entrambi SNG Drama, Ljubljana 2001), per i quali ha ottenuto il premio del Fondo Prešeren; per i Coltelli nelle galline ha vinto anche il premio Borštnik per il miglior spettacolo; inoltre, ha diretto Push-up di Ronald Shimmelpfennig (PGK Kranj 2003), Bash di Neil LaBute (Gavella Zagreb 2007), come pure Lo zio Vanja A. P. Čehov (HNK Split 2006), scelto come miglior spettacolo alle Serate Gavella 2007, Il revisore di Gogol (PGK Kranj 2009), Ivona, principessa di Borgogna di Gombrovicz (Theater Chemnitz 2012) e John Gabriel Borkman di Ibsen (SNG Drama Maribor 2013), per cui lo scorso anno ha ottenuto il premio Borštnik per la regia.

Matija Ferlin
Il ballerino, performer, coreografo e regista Matija Ferlin (1982) è originario di Pola. Diplomatosi alla School for New Dance Development (SNDO) di Amsterdam, ha vissuto e lavorato a Berlino. Dopo il ritorno a Pola si è concentrato sulla ricerca e riarticolazione di varie concezioni della creazione scenica, spaziando anche verso gli ambiti di altri media, quali i corti, i video e le esposizioni. Ha creato diversi spettacoli indipendenti, tra i quali vanno menzionati Sad Sam Revisted (2006), Drugo za jedno (L’altro per l’uno, 2007), Sad Sam Almost 6 (2009), Sad Sam Lucky (2012), Drugi sočasno (L’altro al contempo, 2012). Questi spettacoli sono stati presentati a diversi festival europei e americani e gli sono valsi diversi premi; la rivista newyorkese V Magazine lo ha definito uno dei più promettenti giovani coreografi del 2011. Ha collaborato con diversi coreografi, registi e artisti visivi, tra cui Saša Waltz, Maja Delak, Ivica Buljan e diverse volte con Mateja Koležnik.

Mauricio Ferlin
Nato a Pola (1971), ha studiato alla Facoltà di architettura e design di Zagabria, indirizzo design. Opera come designer, illustratore (anche di libri per bambini), regista video e scenografo. Con il fratello Matija Ferlin ha creato lo spettacolo Tepli zdrhi (Brividi caldi, Festival Svetvinčenat/Sanvincenti 2001), continuando poi a lavorare alle scenografie di gran parte degli spettacoli che Matija ha messo in scena successivamente. Collabora regolarmente con le affermate ballerine slovene Maja Delak e Mala Kline (HI-RES, 2003, Rondinella, 2004, Rodeo, 2007). Da scenografo ha collaborato anche con Borut Šeparović (S. Kane, Sla, HNK Zagreb 2006), Ivana Sajko (Arhetip Medeja/Žena Bomba/Europa, Zagrebačko kazalište mladih 2006) e altri.

Goran Ferčec
Lo scrittore e drammaturgo Goran Ferčec, nato a Koprivnica (1978), ha studiato storia dell’arte, lingua e letteratura polacca e drammaturgia a Zagabria. Ha collaborato in numerosi spettacoli come drammaturgo e assistente alla regia. Tra questi vanno menzionati la drammaturgia dello spettacolo Sad Sam Lucky di Matija Ferlin, collaborazioni con Borut Šeparović (Generacija 91-95 e Mauzer, entrambi Zagrebačko kazalište mladih, 2009 e 2011), Ivica Buljan (Kiklop, Zagreb 2010) e Janusz Kica, per il quale ha drammatizzato I demoni di Dostojevskij (HNK Zagreb 2010), Il maestro e Margherita di Bulgakov (SNG Maribor 2013) e l’America di Kafka (HNK Rijeka 2014). Nel 2011 ha pubblicato il romanzo Ovdje neće biti čuda (Qui non ci saranno miracoli). Nello stesso anno, al teatro giovanile di Zagabria Zagrebačko kazalište mlade, è stato messo in scena per la prima volta  il suo testo Lettera a Heiner Müller, per la regia di Bojan Đorđev.

Mitja Vrhovnik Smrekar
Nato a Ljubljana nel 1966, ha scritto le musiche per circa un centinaio di spettacoli teatrali in Slovenia, Francia, Italia, Croazia, Austria e Lituania. È inoltre autore di musiche di tredici lungometraggi, dell’opera da camera Ime na koncu jezika (Il nome sulla punta della lingua), di due quartetti per archi, dell’oratorio Meduse e del concerto per violini Volver. Negli ultimi anni collabora soprattutto con i registi Ivica Buljan, Mateja Koležnik, Vito Taufer, Silvan Omerzu, Miha Hočevar… Suona le percussioni nel gruppo Bossa de novo. Per la propria opera ha vinto il premio Zlata ptica, due premi Borštnik, il premio Marulić in Croazia, il premio Pierrot in Polonia e il premio Žar ptica ed SC Assitej in Croazia.

Slovensko stalno gledališče/ ul.Petronio,4 – Trst/ T. +39 040 632664/5

ANDREJ KORUZA

Segnali dal limite
(installazione)

giovedì 8 maggio alle 20.00 – FOYER INGRESSO

Sui mosaici di Koruza Segnali dal Limite
 »Le ferite sono segnali.«
Jan Fabre, 25. 5. 1978

Alla domanda “cosa significa essere un artista” Jed Martin, il protagonista dell’ultimo romanzo di Houellebecq, La Carta e il Territorio, risponde: “significa innanzitutto essere sottomesso. Sottomesso a  messaggi misteriosi, imprevedibili”. Più avanti nel romanzo, mentre conversa con Martin per cui scrive il catalogo di una mostra, Houellebecq attribuisce a se stesso, allo scrittore Michel Houellebecq le parole: “bisogna attendere l’apparizione di un autentico nucleo di necessità” per lanciarsi nella scrittura. Il problema posto dall’opera Segnali dal Limite nasce precisamente nell’imposizione di un certo tipo di necessità, di una certa causalità.
Per Koruza, il problema fondamentale è senza dubbio la questione delle parti di un sistema. O meglio, il funzionamento dell’intero sistema nel momento in cui entra in rapporto con le sue componenti interne. È evidente che Koruza non percepisce tali componenti come uno spazio saturo e perfettamente funzionante; l’artista è sgomento di fronte a un tipo di performance armonico ed infinito, basato su una serie di spazi vuoti, contraddizioni e attriti. È impeccabile nonostante gli antagonismi, o forse proprio a causa di essi. Koruza sembra aver studiato approfonditamente Kant, quando afferma: “ Tutto ciò che accade è ipoteticamente necessario; tale è il principio fondamentale che sottomette alla legge il cambiamento del mondo”. Koruza è sulle tracce della legge del cambiamento. A partire da ciò, scommette sulla riduzione, sulla dissezione puntuale del tutto nelle sue parti. Ciò vale anche su un piano strettamente formale, poiché il mosaico rappresenta per lui in primo luogo il funzionamento di tre componenti principali: il fondo, la tessera e la fuga. Cerca così di mettere in luce la complessità di “tutto ciò che accade”. L’acutezza e l’eccitazione de I Segnali risiedono nella modalità in cui Koruza dà forma a questo tutto.
Nel suo eccellente articolo Why the unconscious doesn’t know time? (Perché l’inconscio non conosce il tempo?), Simon Hajdini distingue la causalità dell’esperienza di Kant dalla causalità inconscia del vuoto dell’esperienza di Freud, nel tentativo di comprendere il concetto di atemporalità dell’inconscio. Di particolare importanza è la dimostrazione che l’autore dà del concetto di causalità di Kant, intesa come processo retroattivo, e della sua esortazione a cambiare prospettiva sulla base della definizione della legge del cambiamento “che determina a priori ciò che è accaduto come l’effetto di una causa precedente, come la legge di connessione fra la causa e l’effetto”, e a “vedere nella causa il risultato, conoscibile soltanto per mezzo della legge a cui soggiace il suo stesso effetto”. La causa è dunque la progenie della sua stessa progenie: “ciò che viene prima non corrisponde sempre alla condizione, ma sarà la condizione di ciò che segue”.
Quale definizione migliore per il ruolo che Koruza assegna allo spettatore? Lo spettatore de I Segnali, la cui presenza mette in moto il funzionamento del mosaico, non è forse tale causa? Una causa che prende forma soltanto nell’atto del guardare e nel processo di riconoscimento del rapporto fra la tela, il meccanismo e i sensori che hanno riconosciuto la presenza dello spettatore. È solo nel momento in cui riconosce la sua posizione strutturale in rapporto al mosaico che lo spettatore riesce ad identificarsi con la causa del suo funzionamento. La presenza dello spettatore si rivela in tale preciso istante – nel preciso istante di sgomento ispirato dal movimento fluttuante dei 15.620 pezzi di styrodur, che formano la superficie, simile ad un prato , mosso da una raffica di vento, – identica a uno di questi pezzi. Questo testo dovrebbe necessariamente affrontare, in qualche sua altra versione, la condizione del contrasto fra la tela in primo piano, caratterizzata dalla stratificazione dei pezzi di styrodur posti a distanza regolare, e il meccanismo dello sfondo, ovvero la prevedibile rotazione meccanica della costruzione di leve, ruote e viti di legno, magistralmente architettata.
Ma torniamo alla causalità. Il limite de I Segnali è, per noi, il limite della causalità di Kant, il limite della posizione illuminata dell’opera di Koruza che, noncurante dello sgomento, della sofferenza e della gioia che potrebbe provocare, e al contempo memore del “tutto ciò che accade”, riconosce un’altra logica del funzionamento, in cui la causa è mancante. Con Hajdini: “Nella loro definizione principale, le forme dell’inconscio (sintomi, lapsus,…) rappresentano quegli avvenimenti che non possiamo sussumere sotto la legge di causalità. Da essi ha origine una discendenza che non può più accedere alla legge che le riconduce alla loro causa precedente. /…/ In tal senso, il lapsus (o il sintomo) si rivela come un cambiamento privo di una definibile causalità del cambiamento, e dunque come un cambiamento non sottoposto a legge, come un vuoto causale della legge”. Così deve essere inteso l’ “autentico nucleo di necessità” menzionato all’inizio.
Come si possono definire le incongruenze nel funzionamento del mosaico se non in tal modo? Non siamo infatti passati dallo stupore al riconoscimento dello schema di funzionamento, indotto dalla visione del retro della tela e del suo meccanismo, che ne provoca gli effetti sulla superficie? Nonostante ciò, ad un certo punto ci troviamo bloccati. Noncurante della nostra presenza, del graduale processo di riconoscimento dello schema e del piacevole spettacolo che sembra quasi scomparire man mano che l’apparente caos del meccanismo si rivela ai nostri occhi come sequenza ordinata, da qualche parte qualcosa si arresta, non scorre in maniera fluida e si ferma. Tutt’a un tratto, il meccanismo assume il controllo e cessa di funzionare, non procede nel suo movimento, nonostante tutte le condizioni del suo funzionamento siano soddisfatte (ed ovviamente una di esse siamo noi, gli spettatori).
Così, da una parte ci troviamo di fronte al vincolo e dall’altra al vuoto dell’esperienza. Da un lato i mutamenti che racchiudono e trattengono il mondo e, dall’altro, che tramano contro di esso per aprirlo verso l’esterno. Sarebbe assolutamente scorretto pensare che tali interventi rappresentino una mancanza di comprensione. Non si tratta del fatto che esista una legge del cambiamento che non siamo stati in grado di raggiungere, qualcosa che è in attesa di essere rivelato. È il mondo in sé, è l’esperienza che deve affrontare l’irregolarità del mondo e noi stessi. Come sostiene Houellebecq nel suo saggio Rester Vivant, noto a Koruza: “se il mondo è composto di sofferenza, questo accade  perché è, essenzialmente,  libero. La sofferenza è la conseguenza inevitabile del libero gioco  delle parti del  sistema”.
Lo scopo e la portata de I Segnali risiede per me precisamente nella difesa di questa libertà, nella difesa di qualcosa di imprevedibile e potenzialmente distruttivo che sfida la calma comprensione e il tranquillo fluire delle cose. Il vuoto esiste. Muovendosi sul confine della legge del cambiamento, Koruza costruisce la legge del disordine, un campo in cui “tutto ciò che accade” non mette a tacere qualcosa di essenziale,  una minima indeterminazione.
O come scrisse Beckett in Society/Società, una delle sue ultimi brevi opere in prosa: “E trovare nel vuoto un movimento differente, o altrimenti nessuno”.

Andrej Koruza (nato a Koper, Slovenia, 1982) ha frequentato la Scuola Mosaicisti del Friuli dal 2004-2007 ed è stato premiato con una borsa di studio per il miglior mosaico finale. Dopo varie collaborazioni e progetti di mosaico, ha iniziato la ricerca degli elementi essenziali nel mosaico, che si conclude con la serie Tessera e Fuga (esposta nella Libreria Luvina, Bogota, Colombia, 2009).
Dal 2010 conduce il laboratorio di produzione nel gruppo di designer, architetti e artigiani GRUPA. Con il loro progetto The Shop ha partecipato alla Biennale di Industrial Design BIO22 (Lubiana, Slovenia). Oltre a The Shop ha realizzato con GRUPA il progetto Gostilna dela (2011) e Gajbla (2012).
Nel mosaico ha sviluppato diversi approcci alla creazione (ad esempio il workshop Reshape, Udine, 2012) ed ha iniziato una serie di installazioni di mosaico che studiano le relazioni tra il sistema, tecnologia e società, primo tra i quali Segnali dal limite, una delle opere principali del festival Ravennamosaico 2013 e presentato al festival Sonica(Ljubljana), Izis(Capodistria) e scelto alla mostra finale di Premio Arte Laguna all’Arsenale di Venezia. Attualmente sta lavorando su due installazioni di mosaico e conduce Tok Tok, uno studio di design e produzione di ogetti d’arredo in legno massiccio.

concerto del gruppo
Bossa de novo

lunedì 12 maggio alle 20.30 –  RIDOTTO TSS

Nei giorni delle repliche della nuova produzione del TSS, i Nō moderni di Yukio Mishima, il Teatro Stabile Sloveno presenterà anche da un punto di vista diverso e insolito la creatività a tutto tondo di alcuni dei protagonisti dello spettacolo. La regista Mateja Koležnik e l’autore delle musiche Mitja Vrhovnik Smrekar fanno parte infatti del gruppo jazz di impronta latina Bossa de Novo. Sarà una serata dedicata agli appassionati di ritmi brasiliani, ma non solo, perchè il gruppo attinge da molti generi diversi.
Bossa de Novo è l’unico gruppo sloveno caratterizzato dall’impronta brasiliana. Le loro musiche comprendono oltre alla bossa nova e al jazz anche un mix di tradizioni musicali afrobrasiliane e di cool jazz della west coast americana. Nel gruppo suonano alcuni dei migliori musicisti sloveni.
La bossanova ha da tempo superato i limiti di fenomeno locale: è diventata musica del mondo, con la quale il gruppo Bossa de Novo viaggia in luoghi e tempi del cuore, nel passato, nel presente e nel futuro, con una ricerca raffinata di brani poco noti e arrangiamenti che rielaborano classici della musica slovena e mondiale. Accanto a interpretazioni personali di brani di Tom Jobim, Caetano Veloso, Joao Gilberto, Dorival Caymmi, Ary Barroso, Carlos Lyra, il gruppo attinge anche ad altri generi e a jazz standards.
Il gruppo ha al suo attivo tre cd: Vivo! (2006), Nova (2009) e Quinta essência (2013).

BOSSA DE NOVO 
Mateja Koležnik, Primož Vitez – voce
Aljoša Kosor – chitarra classica
Marko Gregorič – basso
Mitja Vrhovnik Smrekar – percussioni, tastiere
Sergej Ranđelović Runjoe – percussioni, voce

Y.Mishima MODERNE NO DRAME,grafica: Andrej Pisani, foto fornita da TSS
Y.Mishima MODERNE NO DRAME,grafica: Andrej Pisani, foto fornita da TSS

Teatro Stabile Sloveno

Stagione in abbonamento 2013/2014

novitÀ! per abbonati e spettatori:

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foto fornita da TSS
foto Luca Quaia fornita da TSS

Con la prima dei NŌ MODERNI di Yukio Mishima il Teatro Stabile Sloveno introdurrà una novità dedicata a tutti gli spettatori, ovvero le prolusioni agli spettacoli. Cosa sia il teatro nō, come è stato trattato in chiave moderna dal controverso scrittore e pensatore, quali sono i confini e i possibili legami tra tradizione orientale e linguaggio teatrale occidentale, quale sia il concetto alla base dell’allestimento della regista Mateja Koležnik, quale il ruolo di scene e costumi, sono i temi che verranno trattati prima della prima di venerdì 9 maggio dalla coordinatrice artistica del TSS Diana Koloini. L’incontro per gli spettatori che vorrebbero comprendere più profondamente i contenuti di testo e allestimento inizierà alle ore 20.00 nello spazio club del teatro con spiegazioni in italiano e sloveno. Gli incontri proseguiranno come corredo fisso di ogni replica fino al 25 maggio e sempre con inizio mezz’ora prima dello spettacolo.

Slovensko stalno gledališče / Teatro Stabile Sloveno
Stiki z javnostmi / Ufficio stampa
T. +39 040 632664/5
mail: press@teaterssg.com
web. www.teaterssg.com

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concerto del gruppo

Bossa denovo

 

lunedì 12 maggio alle 20.30 – RIDOTTO TSS

 

Bossa de Novo foto Tanja_Ristic fornita da TSS
Bossa de Novo foto Tanja_Ristic fornita da TSS

Nei giorni delle repliche della nuova produzione del TSS, i Nō moderni di Yukio Mishima, il Teatro Stabile Sloveno presenterà anche da un punto di vista diverso e insolito la creatività a tutto tondo di alcuni dei protagonisti dello spettacolo. La regista Mateja Koležnik e l’autore delle musiche Mitja Vrhovnik Smrekar fanno parte infatti del gruppo jazz di impronta latina Bossa de Novo. Sarà una serata dedicata agli appassionati di ritmi brasiliani, ma non solo, perchè il gruppo attinge da molti generi diversi.

Bossa de Novo è l’unico gruppo sloveno caratterizzato dall’impronta brasiliana. Le loro musiche comprendono oltre alla bossa nova e al jazz anche un mix di tradizioni musicali afrobrasiliane e di cool jazz della west coast americana. Nel gruppo suonano alcuni dei migliori musicisti sloveni.

La bossanova ha da tempo superato i limiti di fenomeno locale: è diventata musica del mondo, con la quale il gruppo Bossa de Novo viaggia in luoghi e tempi del cuore, nel passato, nel presente e nel futuro, con una ricerca raffinata di brani poco noti e arrangiamenti che rielaborano classici della musica slovena e mondiale. Accanto a interpretazioni personali di brani di Tom Jobim, Caetano Veloso, Joao Gilberto, Dorival Caymmi, Ary Barroso, Carlos Lyra, il gruppo attinge anche ad altri generi e a jazz standards.

Il gruppo ha al suo attivo tre cd: Vivo! (2006), Nova (2009) e Quinta essência (2013).

 

BOSSA DE NOVO
Mateja Koležnik, Primož Vitez – voce
Aljoša Kosor – chitarra classica

Marko Gregorič – basso

Mitja Vrhovnik Smrekar – percussioni, tastiere
Sergej Ranđelović Runjoe – percussioni, voce

 

Yukio Mishima

NŌ MODERNI

regia: Mateja Koležnik

lunedì 26 maggio alle ore 20.30 al Kulturni center Lojze Bratuž

con sovratitoli in italiano e autobus navetta

Yukio Mishima è stato uno dei massimi autori giapponesi del XX secolo, un   personaggio controverso, nominato tre volte al premio Nobel. La sua opera si caratterizza per una specifica commistione di estetiche moderne e tradizionali che supera i confini culturali e offre al lettore (e allo spettatore) occidentale la sfida di uno stimolante confronto al di là della distanza culturale. La sfida è stata accolta dal Teatro Stabile Sloveno di Trieste che al termine della stagione corrente ha messo in scena i Nō moderni di Mishima.

I temi dell’attesa, la solitudine, la vecchiaia, l’amore non corrisposto e impossibile, si intrecciano nei cinque drammi tratti dalla traduzione di Marguerite Yourcenar, che la regista Mateja Koležnik ha portato in scena con un approccio originale, ovvero scegliendo uno dei drammi come cornice di uno spettacolo dalla drammaturgia unitaria. Attorno ad esso gli altri drammi assumono infatti il ruolo di amplificatori emotivi di contenuti affini in forma di radiodrammi. I ruoli di tutti i personaggi dei nō vengono interpretati dagli attori della compagnia stabile del TSS Luka Cimprič, Nikla Petruška Panizon, Lara Komar, Primož Forte e Romeo Grebenšek.

Yukio Mishima ha scritto molto per il teatro, sia contemporaneo, seguendo il modello europeo, sia per le due forme tradizionali di teatro giapponese: il e il kabuki. In questa produzione i drammi nō, scritti tra il 1950 e il 1969, assumono un ruolo del tutto particolare. Mishima ha tratto dai nō i temi canonici, i titoli e i personaggi, tralasciando le modalità rappresentative e i mezzi espressivi tradizionali (danza, maschere, stilizzazione) e ambientando i racconti in ambienti contemporanei e riconoscibili del mondo moderno. Le modifiche inconsuete hanno confuso gli spettatori giapponesi, ma occorre considerare che queste opere sono state scritte soprattutto per il pubblico occidentale. Mishima immaginava infatti che potessero essere rappresentate anche sulla panchina di un parco newyorkese.

Lunedì 26 maggio alle 20.30 i nō di Mishima andranno in scena sul palcoscenico del Kulturni center Lojze Bratuž a Gorizia. Per una migliore comprensione di questi testi gli spettatori sono invitati a una presentazione introduttiva a cura della direttrice artistica del TSS Diana Koloini che avrà inizio alle ore 20.00.

Lo spettacolo verrà corredato da sovratitoli in italiano e una navetta gratuita sarà a disposizione di abbonati e spettatori per il trasporto al teatro e ritorno dalle zone limitrofe (fermate: Doberdò- piazza san Martino alle 19.30, Monfalcone-via San Polo presso l’ospedale alle 19.45, San Giovanni del Timavo- fermata dell’autobus alle 19.50, Iamiano- fermata dell’autobus alle 20.05 e Gabria- fermata dell’autobus alle 20.15)

 

 

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