Tempo d’Attesa 🗓

Sullaltopiano carsico, a Padriciano, al centro per profughi stranieri di Trieste, un giorno dellautunno del 1972 arriva Krystof Paklic. E un fotografo cecoslovacco, noto per aver immortalato i fatti della Primavera di Praga, in fuga del suo Paese nonostante la posizione privilegiata acquisita sotto il regime sovietico. Il centro, recintato da un muro e sorvegliato dalla polizia, è una vera e propria cittadella, con gli alloggi per i profughi, linfermeria, una chiesa, un cinema, persino un campo di calcio. Come tanti altri fuggitivi, Krystof è arrivato a Trieste attraverso la Jugoslavia passando la frontiera di nascosto, di notte nei boschi, ma durante la fuga ha perso ogni contato con lamata moglie Jana. Il campo profughi non è solo un centro di accoglienza e smistamento per richiedenti asilo politico, ma è anche un centro di raccolta informazioni gestito in parte dai servizi segreti che cercano di raccogliere quanti più elementi possibili sui regimi oltrecortina. Nel centro ci sono anche spie mandate proprio da quei Paesi, camuffate da falsi profughi. In questo ambiente di frontiera Krystof si trova sospeso in un limbo, diviso tra il sogno di un futuro migliore, e langoscia di un presente spesso incomprensibile. Nonostante chieda con insistenza alle autorità di cercare la moglie, Krystof non sa nulla della sorte di Jana, la donna sembra svanita nel nulla. E mentre anche lui, come gli altri, viene sottoposto agli interrogatori dei funzionari dei Servizi segreti italiani – interessati in particolare a quella parte dellarchivio di negativi che il fotografo ha portato da Praga con sé in una valigia -, nel campo conosce unaltra profuga, Ivana, fuggita dallUngheria. Fra Krystof e Ivana si insatura un rapporto ambiguo, finché Krystof scopre la vera identità della donna. Sullo sfondo di una Trieste città di frontiera pressata tra forze e tensioni opposte, dove si confrontano e si mischiano culture diverse si consuma il dramma di un uomo in fuga dalla sua terra e da se stesso, in cerca di una libertà che appare piena di insidie.

TRIESTE – Venerdì 3 dicembre, alle 15, all’ l’Area Science Park di Padriciano, si è tenuto l’incontro storico divulgativo “la vita altrove”, con la proiezione del cortometraggio documentario “Fermata Padriciano” di Elisa Cozzarini e la presentazione dello spettacolo “Tempo d’attesa” di Pietro Spirito ed Elke Burul di scena al Teatro dei Fabbri dal 9 al 12 dicembre. L’incontro svoltosi all’Area Science Park, là dove fino ai primi anni Ottanta, prima dell’insediamento di Area, era attivo un campo profughi per stranieri, un luogo di speranza e che ora ospita il polo scientifico internazionale. Un posto e una storia cui si sono ispirati il giornalista e scrittore Pietro Spirito e l’attrice e regista Elke Burul che ne hanno tratto lo spettacolo Tempo d’attesa prodotto dalla Contrada, con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia. 

Di questo luogo particolare, un centro d’accoglienza per profughi stranieri in fuga dai Paesi comunisti dell’Europa orientale, abitato da intellettuali, oppositori, persone colte e artisti, della sua storia – una struttura che era anche un centro di raccolta informazioni – dello spettacolo e del documentario parleranno, durante l’incontro preceduto dalla proiezione del documentario “Fermata Padriciano”, in diretta su streaming, Caterina Petrillo, Presidente dell’Area Science Park, la storica Anna Maria Vinci,  Elke Burul, Elisa Cozzarini, Pietro Spirito e Viktor T. Foia, ex profugo e ingegnere informatico, attraverso le domande di Livia Amabilino, Presidente della Contrada che modera l’incontro.

La produzione Contrada Tempo d’attesa, che andrà in  scena al Teatro dei Fabbri di Trieste dal 9 all’11 dicembre alle  20.30 e il 12 dicembre alle 19.00, è un progetto realizzato con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, su testo di Pietro Spirito e Elke Burul per la regia di Elke Burul.  È la storia immaginaria del fotografo cecoslovacco Krystof Paklic, in fuga dal suo Paese. A Padriciano, dove ora sorge l’Area di Ricerca, dagli anni Sessanta ai primi anni Ottanta era attivo un campo profughi per accogliere le persone in fuga dai Paesi comunisti dell’Europa orientale. Gli ospiti della struttura spesso erano intellettuali, oppositori, persone colte, artisti come il fotografo protagonista della storia. A mettere in scena la vicenda, idealmente ambientata nel 1972, saranno la stessa Elke Burul, Maurizio Zacchigna, Daniela Gattorno e Omar Giorgio Makhloufi. 

Sono gli anni della Guerra fredda e Trieste, città di confine, in bilico tra due mondi, diventa spartiacque tra due realtà contrapposte, l’Est e l’Ovest, tra il mondo dei regimi democratici – pure minati da tensioni sociali e politiche – e quello dei regimi socialisti, barricati oltre la cortina di ferro.  Il campo profughi per stranieri di Padriciano è una struttura voluta dal governo italiano per accogliere persone della più varia estrazione, in fuga dai Paesi del blocco sovietico, che chiedono asilo politico in cerca della libertà. Qui, in Tempo d’attesa, arriva Krystof Paklic, costretto a fuggire dal suo paese in seguito all’occupazione da parte delle truppe sovietiche. Il campo di Padriciano, recintato da un muro e sorvegliato dalla polizia, è una vera e propria cittadella, con gli alloggi per i profughi, l’infermeria, una chiesa, un cinema, persino un campo di calcio. Questa per lui è solo la prima tappa, il luogo in cui attendere il visto per gli Stati Uniti. Ma la notte in cui attraversa il confine nei boschi che circondano la città perde ogni contatto con la sua amata compagna Jana. Tempo d’attesa racconta il dramma dell’uomo e dell’artista, nei giorni che precedono il colloquio/interrogatorio che potrà concedergli la possibilità di rifarsi una vita oltreoceano. Tempo d’attesa rimane la metafora di una condizione che accomuna chi è costretto, in ogni epoca, ad abbandonare la propria terra e tutto ciò che inseguendo la speranza di una vita libera e migliore.

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