Meglio un uovo biologico, che una gallina in gabbia

Taglio del becco praticato sui pulcini

Nell’immaginario comune ci figuriamo le galline che razzolano felici in un’aia o in un pollaio. La realtà è invece ben diversa per almeno 400 milioni di galline ovaiole allevate nelle gabbie di batteria di tutta Europa. In Italia sono oltre 50 milioni, circa l’80%.

Bisogna sapere che la maggior parte delle galline destinate alla produzione delle uova vive in gabbia, con altre quattro o cinque galline. Lo spazio a disposizione per ciascuna gallina è inferiore a quello di un foglio A4. Le gabbie sono impilate in file che possono raggiungere fino a 6 piani, in enormi capannoni, con ventilazione e illuminazione forzate per almeno due terzi della giornata allo scopo di aumentare la produzione.

Esistono normative europee e italiane che regolano tali allevamenti, ma se consideriamo le condizioni di vita di questi animali ci accorgiamo ben presto che non sono sufficienti a far vivere loro una vita dignitosa o priva di sofferenze. Basta vedere i danni psicologici e fisici a cui esse sono soggette. In dimensioni così ridotte le galline non sono libere di muoversi e spesso questo può causare un forte stress che può renderle aggressive: ciò può infatti dare luogo a episodi di cannibalismo o plumofagia. La soluzione è tagliare loro il becco appena nate, così da evitare che si possano verificare situazioni di questo tipo.

Va considerato inoltre l’impatto psicologico derivante dal fatto che, in tali condizioni, le galline non possono esprimere il proprio comportamento naturale: aprire le ali, razzolare in cerca di cibo, fare bagni di terra, appollaiarsi e deporre le uova in un nido. I danni fisici causati dal fatto di vivere in uno spazio così ristretto da impedire alle galline quasi di muoversi sono gravi: si va dall’osteoporosi alla frattura delle ossa, alla deformazione degli arti. Le unghie vengono loro tagliate per evitare che crescano a tal punto da girarsi attorno alle gabbie.

Ma cosa possiamo fare noi per alleviare le loro sofferenze?
Forse molti non lo sanno, ma basterebbe scegliere le uova giuste al supermercato.
Infatti la situazione appena descritta riguarda la maggior parte degli allevamenti, ma non tutti. Esistono altri tre metodi di allevare una gallina ovaiola e le uova si possono quindi differenziare tra: uova da allevamento a terra, da allevamento all’aperto o biologiche.

Qual è la differenza?
Nel primo caso non vi sono gabbie e le galline vivono in ampi capannoni dotati di nidi, trespoli e lettiere. Tali strutture sono però sovraffollate e senza possibilità di accesso all’esterno. Nel secondo si ha la stessa condizione con la differenza che le galline possono accedere quotidianamente all’esterno con almeno 2,5 metri quadrati di spazio disponibile per animale. Il terzo caso si differenzia da quest’ultimo solo per il fatto che le galline vengono alimentate con mangime biologico.

Come riconoscere le uova prodotte in base ai differenti metodi di allevamento delle galline?
È semplicissimo perché dal 1° gennaio 2004 una normativa europea ha stabilito che ogni confezione di uova deve riportare obbligatoriamente il metodo di allevamento impiegato. Basta guardare il numero distintivo impresso sulla confezione (purtroppo spesso si trova sul fondo e non è ben leggibile) o su ciascun uovo. Tale numero consente di identificare precisamente anche l’allevamento in cui le uova sono state prodotte per una maggiore tutela del consumatore. Il primo numero che si legge identifica il metodo di allevamento:

0 = biologicoGalline in allevamenti di batteria
1 = all’aperto
2 = a terra
3 = in gabbia

Si tratta di una semplice scelta che non costa nulla, se non una piccola spesa in più, ma che potrebbe alleviare le sofferenze di milioni di galline imprigionate in gabbie di batteria.

Dal 1° gennaio 2012 l’allevamento in gabbie di batteria dovrebbe essere abolito, ma come accade solitamente, c’è il rischio che la data venga posticipata.
Quel che possiamo fare noi è scegliere le uova “giuste”.

Dobbiamo anche tenere conto del fatto che nella preparazione di tantissimi prodotti alimentari contenenti uova vengono utilizzate quasi esclusivamente (a meno che non si tratti di aziende attente a questa tematica) quelle che provengono da allevamenti in gabbia perché più diffuse e più economiche.

Oltre a ciò, possiamo intraprendere altre iniziative, tra cui far conoscere la condizione delle galline di batteria a chi ci sta intorno, magari stampando e diffondendo la guida per un consumo consapevole delle uova dal sito della LAV (http://www.lav.it), da cui ho preso le informazioni per questo articolo. Oppure possiamo inviare le cartoline virtuali che si trovano sul sito, destinate sia ad alcune catene di supermercati (Conad, Esselunga, IPER e Standa) per chiedere loro che venga proibita la vendita di uova da allevamento in gabbia, sia al proprio comune per chiedere che non vengano utilizzate tali uova nelle mense comunali.

La Coop, azienda che già precedentemente ha dimostrato attenzione verso il benessere degli animali, dal 1° ottobre ha aderito all’iniziativa promossa dalla LAV e non commercializza più nei propri punti vendita uova provenienti da allevamenti in gabbia. Sta inoltre provvedendo a non utilizzare più questo tipo di uova nella preparazione dei prodotti a marchio Coop come maionese, salse, dolci, ecc.

Insomma, tutti possiamo fare qualcosa per migliorare la vita delle galline ovaiole, con un piccolo sforzo e magari cambiando qualche nostra abitudine negli acquisti, ma con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di molto importante per alleviare le loro sofferenze.

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