UNA STAGIONE SUL SOFÀ
Il Nordest in tournée
sabato 4 aprile, ore 20.00
spettacolo in versione integrale www.teatrostabileveneto.it
I Rusteghi
di Carlo Goldoni
interpreti e personaggi
Alessandro Albertin, Canciano cittadino
Alberto Fasoli, Maurizio cognato di Marina
Piergiorgio Fasolo, Simon mercante
Stefania Felicioli, Felice moglie di Canciano
Cecilia La Monaca, Margarita moglie di Lunardo in seconde nozze
Michele Maccagno, Il conte Riccardo
Maria Grazia Mandruzzato, Marina, moglie di Simon
Margherita Mannino, Lucietta figliuola di Lunardo del primo letto
Giancarlo Previati, Lunardo, mercante
Francesco Wolf, Felippetto, figliulo di Maurizio
regia Giuseppe Emiliani
scenografia Federico Cautero
Costumi Stefano Nicolao
disegno luci Enrico Berardi
musiche Massimiliano Forza
arrangiamenti Fabio Valdemarin
produzione Teatro Stabile del Veneto
La scena è ambientata a Venezia nella casa del mercante Lunardo, e si svolge nell’arco di una giornata, rispettando così la tradizionale unità di luogo e di azione.
Lucietta, da sempre in contrasto con la matrigna Margarita, vorrebbe maritarsi per uscire da una routine familiare noiosa e angusta, dovuta soprattutto all’intransigenza del padre Lunardo, autoritario e scorbutico.
A insaputa di Lucietta, il padre ha già predisposto le nozze con Filippetto, figlio del signor Maurizio, anch’egli dal carattere rigido e severo.
Contemporaneamente Filippetto si reca a far visita alla zia Marina, raccontandole del futuro matrimonio, ma confessandole di non aver mai conosciuto di persona la promessa sposa.
Marina si adopera allora a tale scopo, e per questa ragione chiede e ottiene la complicità della signora Felice, moglie di Canciano.
Il signor Lunardo ha invitato gli ospiti a cena, con lo scopo di ufficializzare le nozze: giungono così in casa Marina con il marito Simon, Felice e Canciano, accompagnati dal conte Riccardo.
Grazie a un travestimento Filippetto e Lucietta possono conoscersi, ma sul più bello vengono scoperti.
Scoppia il finimondo: i quattro uomini montano su tutte le furie, ma è Felice, nel corso della splendida scena finale, a dimostrare quanto assurdo sia il comportamento dei rusteghi. Questi, seppure di malavoglia, riconoscono i loro torti e si rassegnano ad accettare la nuova situazione.
Il testo de I Rusteghi appartiene a quella stagione del teatro goldoniano che è segnata da importanti capolavori composti espressamente per il San Luca. Goldoni autore borghese racconta dunque la realtà borghese del proprio tempo e della sua città. Una borghesia aristocraticamente arricchita, come quella tratteggiata in La moglie saggia; oppure una piccola borghesia in ascesa grazie all’etica del lavoro e del risparmio avveduto e calcolato, nella Locandiera. In ogni caso gli spazi del mondo borghese sono ritratti ora con interesse e ammirazione, ora con distacco e ironia, come se fossero pseudo-valori, illusioni di ricchezza materiale contrapposti ai sentimenti più elementari. È il caso de I Rusteghi, in cui il matrimonio premeditato dai padri viene messo a rischio da un desiderio reale e autentico dei figli, che solo vorrebbero conoscersi di persona prima delle nozze. Al di sopra del principio economico e dei falsi ideali di compostezza, rigore, rispetto dell’autorità paterna, i figli e le donne si affidano a un umanissimo principio di piacere, ribaltando i ruoli familiari a loro vantaggio e isolando i quattro rusteghi nella vecchia austerità e nel conformismo che li caratterizza.
La commedia scritta nel gennaio 1760 a chiusura del carnevale fu rappresentata per la prima volta al Teatro San Luca il 16 febbraio con il titolo La compagnia dei selvadeghi, o sia i Rusteghi incontrando un grande successi di pubblico tanto che nella edizione Pasquali del 1762 il Goldoni stesso disse: «Il Pubblico si è moltissimo divertito, e posso dire quest’opera una delle mie più fortunate; perché non solo in Venezia riuscì gradita, ma da per tutto, dove finora fu dai comici rappresentata».
L’opera è ritenuta dai critici il capolavoro di Goldoni.
Grandi compagnie dell’800 e del 900 l’hanno messa nel proprio cartellone e grandi registi l’hanno messa in scena sempre con successo.
Ricordiamo l’allestimento di Luigi Squarzina del 1969 e soprattutto la innovativa lettura registica di Massimo Castri del 1992.