” Ma voi che ne sapete dell’amore? “
A ruota libera parla Rumiz, a memoria. Vero che l’ha scritto lui, ma ha saputo dimostrare una capacità artistica non indifferente. Mica tutti gli scrittori sanno stare sul palcoscenico, anzi. Di solito chi scrive non è portato a mettersi in primo piano. Mescola molti concetti conosciuti questo libro di Rumiz. Un’installazione artistico/letteraria. Un racconto che racchiude svariati concetti riportati da moltissimi altri scrittori, filosofi e psicologi : tra tutti ne scelgo due : il primo nel romanzo Brida di Coelho dove si parla di danza, di ritrovo di anime, di cerchi e di magia nell’amplesso, e il secondo in quello di Weiss di Molte vite un solo amore, dove si tratta l’argomento della reincarnazione. Uno scrittore Rumiz che è sempre rimasto colpito dalla magia dell’est, al punto da affrontarlo con mezzi lenti, dove la fatica porta il sorriso della gente del posto e l’abbraccio in quel senso di ospitalità che apre le porte alla conoscenza ed alla consapevolezza che siamo tutti fratelli. Una grande prova di maturità quella di Rumiz nel concludere lo spettacolo invitando gli altri ad abbandonare le parole lette per affidarle al racconto personale, affinchè la fantasia possa volare libera così com’è nata. Un messaggio che ci riporta ai tempi ancestrali dei racconti del sogno. Un messaggio che ritorna indietro per proseguire con un balzo perfetto verso un futuro migliore, un futuro di consapevolezza che solo nell’abbando si ottiene ricchezza.
” Perchè se la digo con la mia voce, la sento più vera” riporta Rumiz come se fosse lui Maximiliam lui che dovrebbe in cenere essere nel Danubio ed invece vive nella sua voce, nel suo ricordo. Quattro musici in scena. Quattro musici e una cantante. Rossa di capelli, nera di vestito. Assorta ascolta il racconto.
Si parla della vita di Max che respira Erzegovina e che ha amato Saraievo mentre inizia la guerra in Bosnia. Racconta Rumiz, attraverso la voce di Maša, che Max intravede come lo scricchiolio della porta d’oriente. Racconta Rumiz, lasciando posto alla voce dorata della cantante.
Si parla di amori, di guerra, di incontri. Si parla di bellezza di luoghi e di magia, della passione per il mare in una terra di montagna. Si parla di numeri, di cabala, di esoterismo, ma soprattutto si parla del calore di quell’amore che in ogni cosa non vede altra bellezza se non il cuore dell’amata, dalla bellezza della pelle di pesca coperta di rugiada. perchè Max amava il mare, amava le barche e trovava in Maša la sua barca.
Si parla di cielo e di morte, di suono e di ballo, di canti e di silenzi. ” Come se nella tempesta ci fosse la pace “
E si parla di canzoni malinconiche e d’amore, e tra tutte di una che ripercorre le sorti di molti umani, nell’impossibilità di salvare l’amore.
Žute dunje
Fu l’amore fra due giovani
Per un mese per un anno,
quando chieser di sposarsi,
di sposarsi aman aman,
i nemici disser no.
S’ammalò Fatma la bella
Figlia unica di madre.
Per guarir mi porterai,
lei gli disse aman aman,
la cotogna d’Istanbùl.
La cotogna andò a cercare
fin nella città imperiale
ma tre anni lui sparì,
per tre anni aman aman,
per tre anni niente più.
Tornò alfine con la mela
Ma trovò il suo funerale.
Gridò a tutti di fermarsi:
vi darò tutto il mio oro
se baciare la potrò. (trad. di Paolo Rumiz)
Ogni teatro ha il suo pubblico. Il pubblico del Miela è un pubblico indisciplinato. Attende gli ultimi minuti per sedersi, minuti di un ritardo calcolato. Questo pubblico rende popolare l’attesa con schiamazzi e vociferii, ma quando inizia lo spettacolo abbraccia un religioso silenzio. Un pubblico di varie età: troviamo la signora impelliccita e lo studente rasta, l’insegnante alternativo e l’appassionato d’arte, ma tutti, proprio tutti, sono rimasti rapiti ed estasiati e hanno applaudito con le mani ed il cuore alle numerose repliche, questo poetico e meraviglioso spettacolo.
Laura Poretti Rizman
di Paolo Rumiz
musiche di Alfredo Lacosegliaz
a cura di Franco Però
Comunicato stampa:
Spettacolo tratto dall’omonimo romanzo-canzone, scritto al ritmo di ballata, fascinoso e avvolgente come una storia narrata attorno al fuoco.
Racconta di Max e Maša, e del loro amore.
Max Altenberg, viennese, incontra a Sarajevo Maša Dizdarević, “occhio tartaro e femori lunghi”, donna splendida e selvaggia con una storia incredibile alle spalle. Una sera lei gli canta la canzone del frutto giallo, senza sapere che essa contiene il loro destino. Tre anni dopo Maša si ammala e proprio allora l’amore divampa. Da quel momento, all’ombra della “nera signora”, si leva un vento che muove anime e sensi, accende la musica e il verso, mescola lingue, strappa lacrime e sogni e procede al ritmo di ballata. Un’avventura che, alla fine di tutto, porta Max verso le sponde del Bosforo attraverso i luoghi di lei, in un viaggio che è rito, scoperta e resurrezione.
Le musiche che interpretano e affiancano la narrazione sono state composte nei variegati stili e modi presenti nelle aree geografiche percorse dal racconto. Canti apocrifi e melodie bosniache si alternano a echi di valzer viennese fino a toccare sonorità del prossimo MedioOriente, in un affresco musicale che celebra le musicalità dell’area Balcano-Danubiana attraverso suggestioni timbriche e fascinazioni linguistiche.
“…Da brividi l’intreccio fra musica e letteratura, in un’atmosfera che sarà difficile dimenticare.” Andrea Setti
interpreti
Paolo Rumiz il narratore
Ornella Serafini canto
Cristina Verità violino, canto
Daniele Furlan clarinetto
Orietta Fossati tastiere
Alfredo Lacosegliaz tamburitza, aggeggi
Ingresso € 10,00, prevendita: c/o biglietteria del teatro dalle 17.00 alle 19.00, www.vivaticket.it
È stato davvero uno spettacolo commovente, ancor più della lettura di questa malinconica ballata.
uno spettacolo di poetica maliconia..davvero..;)