Laura Poretti Rizman intervista Francesco Godina
LPR: Ciao Francesco, ho appena visto il video che mi hai proposto e sono rimasta senza fiato.
Amando il teatro e in particolare i luoghi di teatro della mia città, l’’emozione è stata grande. Quando è nata quest’idea?
Francesco Godina: Quest’idea nasce durante questo “strano” periodo che stiamo vivendo. Un mio collega ha realizzato, durante i primi giorni di lockdown, un video emozionale su una Roma deserta, di notte e così ho pensato di omaggiare anche la mia città, ma focalizzandomi sul mondo che più mi appartiene, quello del teatro. Volevo realizzarlo anche io di notte e durante le prime restrizioni, ma non ho voluto gravare su chi avrebbe dovuto concedere i permessi ed effettuare eventuali controlli. Perciò ho aspettato il 27 aprile, primo giorno di leggera apertura nella nostra regione.
LPR: Attraversi la città, e sosti davanti ai cancelli chiusi. Cosa hai provato mentre eri li davanti a girare il video?
Francesco Godina: Ho visto degli edifici spenti, vuoti, quasi irriconoscibili. I teatri solitamente raccontano di luci, suoni, gruppi di persone che ridono, chiacchierano, pellicce e pettinature imbarazzanti che attraversano le porte delle sale; niente di tutto questo. Anche la chiusura ha il suo fascino però, ad esempio lo Stabile Sloveno ha una saracinesca bucherellata di metallo, La Contrada dei pesanti sipari di ferro compatto, gli altri lasciano intravedere dei foyer scuri e ricoperti di foglie secche, anche loro stanche di non ricevere il giusto nutrimento, forse.
LPR: Quale tra i teatri, è più casa per te e cosa ti manca di più?
Francesco Godina: Lo Sloveno è l’unico teatro dove non ho mai recitato. Il cuore, la testa e il corpo mi riporta in molte avventure a La Contrada, fin dal 2002, ho calcato il palco del Rossetti più di dieci anni fa con il Teatro Stabile di Verona, il Teatro Verdi mi ha ospitato in una serata di premiazione, dove non ero premiato ma semplice comparsa, e il Miela è stata la casa che mi ha sostenuto durante la mia prima esperienza da monologhista con Una splendida giornata… da clandestino, insieme a Sabrina Morena. Di tutti questi luoghi mi mancano proprio i luoghi stessi, fare le prove, arrivare in anticipo alle convocazioni per sedermi in sala e “stare”, condividere le emozioni con i colleghi, gli amici, ecco cosa mi manca.
LPR: Questo video potrebbe essere il primo di un percorso lavorativo. Come potresti impostarlo e considerarlo come lavoro?
Francesco Godina: Il lavoro dell’attore è multicolore, diciamo così, non mi va di scegliere quale sia la strada unica da percorrere, preferisco gestire i momenti, le urgenze e approfondire ogni esperienza che mi capita o che costruisco in prima persona.
LPR: Hai dei progetti in cantiere o delle altre idee che pensi di realizzare in questo imminente futuo?
LPR: In ogni situazione negativa c’è indubbiamente qualcosa di positivo. Tu con questo video sei riuscito a dimostrarlo, ma cosa ti ha portato di positivo questo periodo? Nell’ultima frase del video incuriosisci con il tuo spazzare quello che non va. A cosa ti riferivi in particolare?
Volevo volare
“VOLEVO VOLARE” nasce da un’idea di Francesco Godina e Den Baruca. Lo spettacolo è stato protagonista di questo lockdown, con le sue storie raccontate in pellicole indimenticabili, attraverso i sipari che si aprivano nello schermo televisivo per accogliere lo spettatore in una realtà “altra”, usando le note delle orchestre e dei cantanti, disegnando con i corpi danzanti la passione di un mondo da sogno.