Una scenografia completamente bianca presenta una stanza vuota con due armadi a muro uno di fronte all’altro, e quella che potrebbe essere la palestra per le esercitazioni di una ballerina: una sbarra, una panchina ed un’uscita di sicurezza con i consueti maniglioni rossi da dove entrano i due interpreti protagonisti. Un Lui e una Lei che si alternano nel parlare in quello che risulta essere un monologo intervallato dall’ingresso di un gruppo di bambini. Un dialogo mancato in una sorta di scatenamento nel svuotarsi addosso a turno alterno, il peggio che c’è stato nella relazione di coppia e di lavoro che rende una comunicazione inesistente. Ognuno rimane arroccato sui proprio punti di vista, sul proprio vissuto, e quello che rimane è soltanto un raccontarsi il male e quanto di peggio c’è stato. Parole che come baionette lacerano e scarnificano gli animi, rendendoli sanguinanti ma anche indurendoli ferita dopo ferita. A turno con una forza inaudita si attaccano con un lungo ed incessante elenco di mancanze, ma è proprio nel momento che la donna elenca quello che di positivo vuole tenere per sè come ricordo di quanto c’è stato tra i due, che lo spettacolo assume la massima potenza. Negli unici momenti di positività, la capacità recitativa indiscussa, ma soprattutto il bisogno di voler vedere l’amore che sconfigge l’odio che è insito in ognuno di noi, porta un coinvolgimento di massima intensità.
Una guerra iniziata da un uomo che, con osservazione femminile, infastidiva con il suo raccontare una vita di pochezza e di sterilità che ben si adattava a quelle pareti bianchi. Un uomo che nello smettere di amare, passa facilmente per colui il quale smette di “usare” una donna per la quale non prova più nulla, come se l’atto di amore fosse solo ed esclusivamente legato ad un’intesa sessuale. Molte le donne in sala, decisamente nella maggioranza, ed è stato interessante osservare come il loro sguardo, man mano che il racconto maschile prendeva forza, continuava a cercare la donna, quasi a sperare che iniziasse a parlare ed a difendersi.
Ma mentre l’uno parlava, l’altra restava in silenzio ad ascoltare. Mentre però la donna rimaneva immobile ed eretta, digrignando a volte i denti e contorcendo la muscolatura, lui, l’uomo, pian piano, dal peso delle parole nel suo turno, ne venne schiacciato completamente riducendolo ad una posizione china, a terra. Differenze notevoli se si pensa che lo scritto è avvenuto per mano maschile. E come se non bastasse nel finale, il femminile tenta di ricucire un rapporto, passando sopra alle offese, tendendo una mano, mentre quella maschile non si muove neppure per accoglierla.
Un finale che sbalordisce per la inadeguatezza al contesto, ma che ben esprime, in maniera esagerata sicuramente ma altrettanto forte, il forte narcisismo del quale entrambe le figure, nonostante tutto, sono impermeate.
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©Laura Poretti Rizman
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“Clôture de l’amour scritto e diretto dal francese Pascal Rambert racconta la fine di un rapporto di coppia. Luca Lazzareschi e Tamara Balducci ne sono gli eccellenti interpreti. Lo spettacolo, che debutta alla Sala Bartoli martedì 3 dicembre alle ore 21, è in lizza per il Premio Ubu 2013”.
Nuovo appuntamento con il cartellone altripercorsi alla Sala Bartoli: martedì 3 dicembre alle ore 21 debutta Clôture del’amour, testo scritto e diretto da Pascal Rambert, che racconta la fine di un amore. Si replica fino a domenica 8 dicembre.
Dalla sua presentazione al Festival di Avignone nel 2011 lo spettacolo raccoglie successi convinti che si ripetono in tutto il mondo, dove l’autore-regista continua a ricreare in diverse lingue e con diversi attori la messinscena.
Anche l’edizione italiana – che ha avuto la nomination per il Premio Ubu 2013 – è uno momento di teatro di grande intensità, forte delle eccellenti prove d’attore di Luca Lazzareschi e Tamara Balducci, interpreti impegnati a vivere in scena la crudeltà e la sofferenza di un sentimento che finisce, e a restituire tutto ciò in una forma inconsueta e profondamente allusiva: quella di due lunghi e tesi monologhi che non diventano mai dialogo.
I due protagonisti si confrontano infatti, senza più riuscire a comunicare. Ognuno ascolta l’altro, in un’esperienza interpretativa difficile: per ognuno un tempo consistente di tensione, ascolto, presenza da mantenere in scena senza poter mai intervenire. Monologando, poi, oppone la propria visione. Due sguardi, due parole e due silenzi per raccontare la violenza di un amore che muore.
Il primo a indagare nelle ragioni della fine di quel legame è l’uomo. Luca Lazzareschi – attore amato dal pubblico dello Stabile, che spesso ne ha apprezzato il talento (da Re Lear diretto da Calenda, alla bella prova lo scorso anno in Rain Man) – gli presta una cinica ragionevolezza, con cui esprimere la sua irreversibile decisione a porre una pietra su quella storia. Gli dona crudeltà nello scavo delle motivazioni, nel tentativo contorto di razionalizzare il proprio senso di colpa, arriva quasi all’aggressività.
Lei è scossa, ammutolita, perdente, incassa… Ma arriva il suo turno, e replica ad ogni punto: lui ha espresso freddezza? Lei sarà febbrile nel dare voce al suo sentimento ferito. Lui razionalizza? Lei sarà violenta, amara nello sfogo, anche ingiuriosa…
Pascal Rambert è sottile, sensibile nell’indagare questo delicato, lacerato territorio di emozioni: si muove con le parole nel centro del momento più doloroso, fra liberazione e paura, lasciando i suoi attori senza fiato, in una maratona di parole e di sentimenti.
«Bisogna mostrare – dice – e a mio avviso è la cosa più difficile a farsi, due esseri umani che parlano, che si parlano e fare in modo che questo sia appassionante, emozionante, sconvolgente, ed anche divertente a volte».
Nato a Nizza nel 1962, Pascal Rambert è un autore, regista, coreografo e filmaker. Ha iniziato a scrivere e dirigere i propri lavori nel 1982.Nel 1984 ha fondato la sua compagnia SIDE ONE PosthumeTheatre. Dal 2004 al 2006 è stato l’artista associato della ScèneNationale Bonlieu di Annecy. Dal 2007 è direttore del Teatrodi Gennevilliers (T2G) che ha trasformato in centro teatralenazionale di creazione contemporanea. Il T2G si trova nellaprima periferia a nord di Parigi, dunque nell’epicentro di ciòche è oggi la società contemporanea: un incrociodi flussi migratori e diverse comunità sociali. Il T2G produce, coproduceo presenta esclusivamente esempi di creazione contemporanea: teatro, danza, opera, arte contemporanea, filosofia, cinema. Il T2G non produce teatro di repertorio. Il T2G èaperto alla città: dal 2007 offre agli abitanti prove aperte ditutti gli spettacoli e laboratori di scrittura che riscuotonogrande partecipazione. Il T2G ha ospitato e ospita artisti francesi e internazionali invitati a presentare le proprie opere o acreare “in situ”. Tra gli altri, numerosissimi, citiamo: ToshikiOkada, Young Jean Lee, Rodrigo Garcia, Philippe Quesne,Joel Pommerat. Il T2G si definisce come “un luogo in cuil’arte è pensata come un’esperienza.”
Clôture de l’amour ha debuttato al Festival d’Avignon nel 2011.Da allora la versione francese è in tournée in tutto il mondo,per esempio in Corea, Italia, Svizzera, Belgio, Croazia, Cina.Prima del debutto italiano Rambert ha messo in scena unaversione russa al Teatro d’Arte di Mosca, una versione croataal ZMK Theatre di Zagabria, una versione americana al-l’Abrons Art Centre di New York. Nei prossimi mesi allestiràuna versione giapponese a Tokyo, una tedesca a Berlino, euna greca ad Atene.
Clôture del’amouruno spettacolo di Pascal Ramber, la traduzione è di Bruna Filippi.
Ne sono protagonistiLuca Lazzareschi e Tamara Balducci. Le scene sono create da Daniel Jeanneteau. La produzione è di Emilia Romagna Teatro Fondazione con il sostegno di Institut français nel quadro del progetto “Théâtre export”.
Lo spettacolo debutta martedì 3 dicembre alle ore 21. Nello stesso orario va in scena venerdì 6 e sabato 7, mentre il 5 c’è uno slittamento: si inizia alle 21.30. Le repliche pomeridiane si tengono mercoledì 4 dicembre alle ore 18 e domenica 8 dicembre alle ore 17.
I biglietti si possono acquistare presso i consueti punti vendita del Teatro Stabile regionale e attraverso il sito www.ilrossetti.it.
L’ufficio stampa