I Masnadieri

C’era attesa nell’aria. Si aspettava il ritorno di Lavia in teatro. Veramente ci si aspettava di vederlo, in qualche modo, invece c’era solo la sua impronta, sul palcoscenico. La sua consistente impronta.

L’inizio dello spettacolo ha fatto capire che ha abbracciato un respiro attuale, nell’aprirsi al mondo dei giovani, quelli ribelli. Una selva di fari posizionati ovunque rendevano splendidamente l’idea di una selva di difficoltà sulle quali non sempre è facile ” fare luce”, in quanto pur essendoci la possibiltà, la direzione spesso non illumina abbastanza il contenuto, oppure lo illumina troppo abbagliandolo.

In scena all’apertura del sipario,  il vecchio padre e il figlio rifiutato e storpio, Franz, una copia perfetta di Lavia. Un clone talmente riuscito da lasciare sgomento. Perfetto nei respiri, nei movimenti, nella recitazione. Perfetto sopra ogni dubbio. Perfetto da spaventare nella ricerca voluta dall’artista, a perpetrare la sua immagine.

Gli attori tutti e lo spettacolo stesso, mirabile del resto, portano il segno della scuola di questo grande attore Gabriele Lavia, ma l’attore principale dei Masnadieri, Franz, ha davvero impressionato per la capacità di calarsi perfettamente nel personaggio voluto dal regista. Mai nella mia vita ho visto recitare in maniera così dettagliatamente priva di espressione personale. Mai ho sentito questa imposizione ossessiva in una espressione libera quale la recitazione. Mai, neppure in una imitazione, dove si ritrova ogni volta lo spazio per un minimo di libertà artistica personale.

Sono uscita dal teatro con un senso di angoscia. Lo spettacolo è stato fantastico, ma io ne sono uscita spaventata.

Credo che nessuno possa pretendere di lasciare un’impronta che rimanga invariata nel tempo.

Anche il finale è stato modificato. Il padre non muore per un’infarto nel scoprire con dolore l’attività del figlio, ma per mano del figlio, che neppure riesce a rivendicare la sua anima cedendosi ad un bracciante affinchè con il riscatto della sua taglia possa permettersi una vita migliore. Carl viene, in questa rappresentazione,  ucciso dai suoi stessi compagni.

Perfetta l’idea di inserire musica cantata e suonata dal vivo, musica ribelle, di protesta, così come risulta perfetto tutto il look degli artisti. Un look che contrasta con quello “antico” di Franz, ma una protesta che accomuna entrambi i figli nel momento in cui vengono rifiutati dal padre. Una protesta che fa ben capire, anche nel polverone sollevato costantemente dal muoversi rabbioso di Franz, che ogni rabbia, ogni nostra frustrazione, deriva da una mancanza di amore familiare e  allo stesso modo, il nostro incidere il corpo nel corso della nostra vita. Una gobba che fa presumere un impossibilità a sollevarsi, un continuo aggravarsi di difficoltà non risolvibili. una gobba che in Franz è evidente fisicamente, e in Carl si aggiunge intimamente, nel momento un cui si sente solo e rifiutato.

Quanto poco amore è stato donato dunque? Dove dobbiamo risalire per poter permetterci di giudicare i torti?

Laura Poretti Rizman

“I Masnaderi di Friedrich Schiller è un grande classico che ritorna al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia per la regia di Gabriele Lavia. Lavia ha scelto di portare in scena questo dramma della ribellione e della libertà affidandosi al talento di una compagnia di giovani che sapranno di certo incarnare appieno lo spirito schilleriano. Il debutto alla Sala Assicurazioni Generali sarà mercoledì 25 gennaio, e si replica fino a domenica 29, in abbonamento Prosa.”

foto IL ROSSETTI

Gabriele Lavia ha scelto di puntare sui giovani. Un’inclinazione ammirevole e molto interessante che ha espresso appieno, e anche coraggiosamente, diventando direttore del Teatro di Roma, e mettendo in scena per la stagione 2011-2012 un testo completamente affidato a una compagnia di giovani attori: I masnadieri, una delle produzioni di punta dell’Ente.

Con il capolavoro schilleriano – dramma che peraltro Lavia ha già diretto e interpretato al fianco di Umberto Orsini (anche al Rossetti, nel 1983) – questa sua decisione trova dunque una piena realizzazione, condotta con molta coerenza.

I Masnadieri è un grande classico della letteratura tedesca, testo d’esordio per Friedrich Schiller, conserva una profonda, disperata carica rivoluzionaria ed è particolarmente adatto alla lettura che Lavia ne offre, a capo di una ventina di giovani talenti accompagnati da poche figure più mature: un cast raffinato. Cast che il regista pone in un universo affascinante grazie alle belle scene di Alessandro Camera, ai tanti costumi di Andrea Viotti e alle musiche di Franco Mussida, e arricchito addirittura da alcuni pannelli dipinti da due writers. Paolo Colasanti e Leonardo Maltese – questi i loro nomi – trasferiscono nel segno e nella vernice il messaggio di lacerante ribellione e di possente tragedia, di rabbia e di impetuosità contenuto nel testo.
Una reinterpretazione fatta da artisti che parlano al mondo con i loro graffiti e che ritrovano proprio nel pathos schilleriano le stesse forze propulsive della loro espressività. Come i writers di oggi vorrebbero irrompere nella vita quotidiana scardinandone le regole, agendo visceralmente, così accade anche ai personaggi de I masnadieri.

La seduzione del potere e la perversione della libertà sono i due elementi fondanti su cui si articola l’azione, che ritrae il contrapporsi di due fratelli rivali e la parabola del protagonista che, dall’irrazionale ribellione, dalla tempestosa denuncia delle istituzioni politiche e sociali del tempo, raggiunge attraverso molti avventurosi e drammatici eventi la lucida consapevolezza della propria colpa e del proprio destino.

«Die Rauber, cioè i fuorilegge, i banditi, i briganti, ma per noi, e probabilmente per sempre, I masnadieri» commenta Lavia. «Con questa tragedia Schiller entra violentemente nella storia della letteratura tedesca come poeta della ribellione e come suddito ribelle, retore della libertà politico-sociale e nella kantiana libertà etica. Ma soprattutto egli entra nella storia della drammaturgia con un evento straordinario, che si tentò più volte di imitare e a cui certamente molto dobbiamo. Ciò che affascina maggiormente in Schiller è la capacità di far scoppiare effetti scenici e fondare su questi la struttura della sua drammaturgia. Egli possiede un grandioso stile drammatico e quella particolarissima abilità scenica che consiste nel saper sfruttare ogni risorsa dell’emozione e della sorpresa. I masnadieri si inseriscono idealmente nello Sturm und Drang, e in quella luce di furore visionario l’opera attacca le istituzioni politiche, sociali e i pregiudizi morali nel proposito di impiegare il palcoscenico come “Istituto morale”. In questo senso le parole di Schiller risuonano nell’orecchio del mondo contemporaneo e, quell’opera “giovanile”, straordinaria, del poeta, mi è sembrata l’occasione giusta per poter far nascere la Giovane Compagnia del Teatro di Roma, con uno spettacolo agile, appassionato e di grande presa».

I Masnadieri di  Friedrich Schiller per la regia Gabriele Lavia si avvale delle scene di Alessandro Camera e dei costumi di Andrea Viotti. Le musiche sono a cura di Franco Mussida e le luci di Simone De Angelis. La produzione è del Teatro di Roma, del Teatro Stabile dell’Umbria in collaborazione con La Versiliana Festival.

Fra gli interpreti ammireremo Gianni Giuliano (Moor), Simone Toni (Karl), Francesco Bonomo (Franz), Cristina Pasino (Amalia), Marco Grossi (Spiegelberg), Filippo De Toro (Schweitzer), Luca  Mascolo (Grimm), Fabio Casali (Razmann), Giulio Pampiglione (Schufterle), Giovanni Prosperi (Roller), Alessandro Scaretti (Schwarz) , Michele De Maria (Hermann), Daniele Gonciaruk (Daniel), G.Pampiglione – L. Mannocci – C.Sciaccaluga (Frate Moser), Andrea Macaluso (un prete), Davide Gagliardini (1° Masnadiero), Carlo Sciaccaluga (2° Masnadiero), Luca Mannocci, (3° Masnadiero), Daniele Ciglia (4° Masnadiero), Daniele Gonciaruk (5° Masnadiero).

I Masnadieri va in scena al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, nella Sala Assicurazioni Generali, da mercoledì 25 a domenica 29 gennaio alle ore 20.30; giovedì 26 e domenica 29 gennaio ci sono gli spettacoli pomeridiani con inizio alle ore 16. I Masnadieri è programmato nell’ambito del cartellone Prosa.

La Stagione 2011-2012 del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia va in scena grazie al sostegno della Fondazione CRTrieste.

Informazioni dettagliate sulla stagione nonché sui biglietti ed i relativi prezzi, sono disponibili in tutti i punti d’informazione e vendita del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia: dedicato agli studenti universitari, dal 2011-2012 è attivo il punto vendita di Radio Incorso, nel campus universitario.
Tutta la stagione e le possibilità di adesione ai diversi cartelloni sono illustrate anche sul sito  www.ilrossetti.it; inoltre il Teatro può essere contattato telefonicamente al centralino 040.3593511.

7 thoughts on “I Masnadieri

  1. Cara Laura ho letto con interesse la tua recensione su “I Masnadieri” e condivido quasi completamente la tua lettura della messa in scena.
    Giustamente, come hai scritto, le aste con i proiettori a vista testimoniano la selva, la ricerca di un varco nel suo intricato buio ma, a mio parere, c’è questo e altro in più. Tutte quelle aste sono a mio giudizio, in aggiunta a quanto rappresentano scenicamente, pure dei simboli fallici, sono la potenza della fisicità maschile di cui tutto il testo – e la rappresentazione – sono testimonianza. Tutto è estremamente “maschio” a partire dal fatto che di tutti i personaggi solo Amalia è un’entità femminile, che tutto è violento e rude, che il senso primario del testo è la ricerca di ribellione (Karl) e la ricerca di possesso del potere (Franz) e non c’è dubbio che vengano perseguiti in maniera maschia.
    C’è l’amore di Schiller per Shakespeare (ci vedi Riccardo III, ci vedi Edmund e Edgar), ricercato nella scrittura in una maniera quasi “bramosa” di possesso, nel desiderio di far proprio ciò che si ama. Partendo da questo Lavia – a mio parere – ha in maniera erotica perseguito il suo bisogno di rimanere sulle assi del palcoscenico nel personaggio di Franz come lo era stato trent’anni fa. C’è desiderio di contemporaneità – sennò dove altrimenti cercare la vita ? – e di richiamo al passato dell’edizione di tanti anni fa (vedi l’incontro tra Amalia e Karl dove l’attore veste lo stesso soprabito bianco che indossata nella prima edizione Orsini). C’è l’opposizione visita (gli opposti si cercano e attraggono) con Karl dai capelli lunghi (Orsini li aveva corti) e Franz dai capelli corti (mentre Lavia aveva una parrucca dai capelli lunghissimi)
    Come giustamente da te scritto traspare il bisogno di Lavia di rimanere in vita sotto le “quasi” mentite spoglie del giovane attore che deve – per ordine del regista – lasciarsi fagocitare dall’essenza laviana… ed è un bisogno erotico appieno, ed è evidente specchio della “fisicità” che impregna Lavia quando s’impossessa/viene impossessato dal personaggio che interpreta. Evidentemente lui il teatro lo vive così ed è per questo motivo che l’attrice che interpretava Amalia è – sia fisicamente sia scenicamente – quanto di più distante e avulso di richiami dal personaggio interpretato all’epoca dalla Guerritore.
    Silvia

  2. Cara Silvia,
    ti ringrazio per questa tua visione e per il tuo commento che lascia trapelare la tua passione teatrale. E’ molto bello per me trovare un punto di vista al quale io non avevo prestato attenzione. Lavia ha rubato molti cuori agli appassionati di teatro, e questa volta, sembra tornato al suo massimo splendore. Spero di trovare spesso tue parole che aggiungono spessore ai miei pensieri. Laura

  3. cara Laura, sarà mio piacere scambiare con te – su questo sito – pareri sugli spettacoli.
    In effetti mi sono innamorata del teatro in due modi: come testo scritto tramite la lettura di Shakespeare, come rappresentazione sulla scena proprio vedendo Lavia ne Il Gabbiano nel lontano (ma a me non sembra) novembre 1979…:)) ed è stato “amore” immediato per un giovane attore – al suo esordio come regista – che riusciva ad investire fisicamente gli spettatori con la sua passione assoluta e con la “plasticità” dei sentimenti che evocava recitando. Silvia

  4. E’ passato già così tanto tempo da quel ” Gabbiano”?..Sorrido..c’ero anch’io..;-)

  5. UN CLASSICO CHE ATTRAVERSA I TEMPI
    Ho visto la messa in scena de “I masnadieri” di Lavia. Ciò che più colpisce, e rende gratificante l’esperienza a teatro, è il rendersi conto che i bellissimi monologhi dei protagonisti, scritti da Schiller nel 1782, trovano perfetta corrispondenza nei pensieri di noi uomini degli anni 2000. E’ questo il portento e la forza della vera cultura che ci deve spingere ad andare al teatro a sentir declamare da ottimi e giovani attori simili parole, che semplicemente leggendole non potrebbero mai raggiungerci davvero.
    Ho scritto un commento sul mio blog
    http://libriearte.posterous.com/-i-masnadieri-schiller-regia-di-gabriele-lavi

    Dafne

  6. Cara Dafne, grazie per il tuo commento.
    Il teatro sempre attraversa i tempi. Poi nei tempi capita di lasciarsi attraversare da attori che diventano registi e che lasciano una marcata impronta nella storia. Lavia è uno di questi, nessuno può negarlo. Ho letto il tuo pensiero sul tuo blog e sono felice di trovare persone che apprezzano il teatro nel mondo del web. Perchè il teatro è soprattutto libertà, anche attraverso parole che apparentemente possono appartenere a secoli o a millenni passati. Il teatro è libertà anche quando ci si esprime nel giudizio, che può essere diverso, ma si accomuna in una passione. Laura

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