Il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, sceglie come 70 anni fa, di inaugurare la Stagione 2024-2025 con un capolavoro di Carlo Goldoni, e così il 2 ottobre si veste a festa, sciorina i tappeti rossi e posiziona le grandi guardie in alta uniforme ad accogliere gli ospiti con rose bianche dallo stelo lungo e calici di spumante per brindare all’apertura della nuova stagione.
Gli ospiti, nei loro eleganti abiti, non lesinano di onorare questo grande evento e come da tradizione, rendono omaggio alla bandiera, prima dell’inizio dello spettacolo, alzandosi in piedi per cantare l’Inno d’Italia.
Fino a questo punto, tutto consueto, come ogni anno, forse più scintillante, ma il fatto che mi ha stupito maggiormente è stata la cura con la quale molti giovani si sono presentati all’evento, con evidenza d’appartenere a gruppi scolastici, ma soprattutto la serietà nell’alzarsi a cantare l’inno ad alta voce, impensabile fino a pochi anni fa perfino dai calciatori maggiormente pagati nelle squadre calcistiche. Non voglio soffermarmi sul periodo storico, i dolori di guerre vicine e sulla frase dell’Inno che da sempre mi pesa al cuore per il sacrificio di molte vite a difesa della libertà nel corso dei tempi perchè è tempo di teatro: il sipario si alza e lo spettacolo ha inizio.
La scena anticipa un palcoscenico atto ad ospitare marionette e marionettisti. Fantocci abbozzati adornano a cornice, rendendo un quadro vivente la scena nella quale gli attori svolgeranno la storia ed il contorno rimane a ricordare forse il gruppo della moltitudine umana, presente ma nello stesso tempo fantasma. Gli attori, da parte loro, recitano in dialetto veneziano seppur senza troppa cadenza veneta, ma calandosi perfettamente nei personaggi tra mille sfumature di caratteri ed età e, con un tocco geniale, si sdoppiano a tratti per volere del regista Paolo Valerio, manovrando delle meravigliose marionette a loro immagine e somiglianza.
Nel gioco del doppio e della tensione dei fili, la mente naviga sul nostro vivere e la domanda che sorge spontanea è proprio la seguente: Ma siamo sicuri che siano gli altri a manovrarci o siamo proprio noi stessi fautori dei nostri successi e dei nostri errori?
Splendidi costumi e grande prova di maestria attoriale da parte di tutti ma in particolare del maestro Branciaroli, che dimostra una volta di più la sua forza artistica sul palcoscenico.
Carlo Goldoni attraverso il teatro comico nel contesto della società veneziana del Settecento, ha dato voce rivoluzionando la posizione della donna in quel periodo. La figura di Sior Todero risulta sicuramente ostile al nostro sentire, eppure ad oggi non possiamo ancora dire che sia sparita del tutto. La forza della patriarcalità dalla quale le donne sulla scena tentano di allontanarsi, vive ancora tra noi ed è proprio per questo che le figure maschili di Goldoni risultano tutte più goffe di quelle femminili che vincono quasi sempre, per volere dell’autore e dei registi, le battaglie sulle scene.
“Sior Todero Brontolon” in questa nuova produzione è una collaborazione con il Teatro degli Incamminati e con il Centro Teatrale Bresciano e rimarrà in scena a Trieste al Politeama Rossetti fino a domenica 6 ottobre 2024.
Laura Poretti Rizman
Il mondo di Goldoni, il mondo delle marionette, due universi che si incontrano nel microcosmo di un luogo reale e immaginario. Una rilettura di una commedia della maturità goldoniana, condotta con rigoroso rispetto filologico per il testo e per la straordinaria bellezza di quella lingua unica che è già di suo poesia, ma anche con una originale intuizione che vede le marionette in scena accanto agli attori, come loro alter ego.
Ecco la nuova produzione di “Sior Todero brontolon” che Paolo Valerio firma – per il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia con il Teatro de gli Incamminati e il Centro teatrale bresciano – affidando il ruolo del titolo al talento di Franco Branciaroli.
Molto applaudita all’anteprima nazionale dello scorso 4 settembre nella cornice dell’Estate Teatrale Veronese al Teatro Romano, la divertente commedia inaugura ora la Stagione del 70ennale del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, mercoledì 2 ottobre, in una serata in cui il pubblico sarà accolto in modo speciale .
«Quale maggior disgrazia per un uomo, che rendersi l’odio del pubblico, il flagello della famiglia, il ridicolo della servitù? Eppure non è il mio Todero un carattere immaginario. Purtroppo vi sono al mondo di quelli che lo somigliano; e in tempo che rappresentavasi questa commedia, intesi nominare più e più originali, dai quali credevano ch’io lo avessi copiato».
Anche oggi non è raro incappare in un “brontolòn” come il Todero di Carlo Goldoni che precedeva la commedia racchiudendo queste riflessioni ne “L’autore a chi legge” e si stupiva di come un lavoro incentrato su un personaggio tanto odioso e negativo potesse aver ricevuto dal pubblico un tale successo.
“Sior Todero brontolòn” scritta nel 1761 e presentata al Teatro San Luca di Venezia l’anno successivo, fu infatti accolta con molto calore, ripresa per 10 repliche a gennaio e poi nuovamente a febbraio, a ottobre…
Nel 70° dalla sua fondazione, il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia con il direttore e regista Paolo Valerio sceglie questa commedia e il genio drammaturgico di Carlo Goldoni per la prima, grande produzione della stagione (ed è una significativa coincidenza, perché il primo spettacolo che il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia – uno dei più antichi in Italia – mise in scena 70 anni fa, fu sempre una commedia goldoniana, “La donna di garbo”).
Sior Todero risponde – come carattere – al modello dei rusteghi, ma dei quattro burberi veneziani perde qualsiasi accento bonario. La trama lo vuole avaro, imperioso, irritante con la servitù, opprimente con il figlio e la nipote, diffidente e permaloso verso il mondo. Sembrerebbe impossibile empatizzare con una simile figura.
Eppure il capolavoro di Goldoni – e la figura di Todero, scritta in modo magistrale – sono stati molto ambiti dai teatri e dai più grandi attori, da Cesco Baseggio, a Giulio Bosetti, a Gastone Moschin.
Ora questo indifendibile “brontolòn” attira un maestro del palcoscenico contemporaneo come Franco Branciaroli, che – diretto da Paolo Valerio – ne offre una inaspettata interpretazione.
Dopo l’originale e dissacrante interpretazione di Shylock nel “Mercante di Venezia” shakespeariano, Paolo Valerio e Franco Branciaroli si apprestano a stupire il pubblico con la rilettura di un classico del teatro italiano, che molto ancora può suggerire alla sensibilità contemporanea.
Basti pensare – a fronte di una figura di protagonista tanto imponente e attrattiva – al ruolo sottile e risolutivo che Goldoni affida, nella commedia, al mondo femminile, l’unico che nello sviluppo drammaturgico appare pienamente positivo: sarà l’alleanza fra la coraggiosa nuora del vecchio avaro e l’intelligente vedova Fortunata a salvare la giovane Zanetta da un matrimonio impostole per mero interesse e foriero di infelicità. Sarà riconsegnata all’amore generoso e vero in un finale che – in tempi in cui il concetto di “patriarcato” domina le nostre cronache nelle sue accezioni più distorte e plumbee – intreccia in prospettiva, alla gioiosità della risoluzione, una venatura di turbamento.
Lo spettacolo replica giovedì 3 ottobre alle 20.30, venerdì 4 ottobre alle 20.30, sabato 5 ottobre alle 19.30 e domenica 6 ottobre alle 16. Biglietti e abbonamenti sono ancora disponibili presso i punti vendita e nei circuiti consueti del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia: www.ilrossetti.vivaticket.it
Informazioni sono disponibili sul sito www.ilrossetti.it e al tel 040.3593511.
SIOR TODERO BRONTOLON
NOTE DI REGIA di Paolo Valerio
Il mondo di Goldoni, il mondo delle marionette, due universi che si incontrano nel microcosmo di un luogo reale e immaginario. Una rilettura di una commedia della maturità goldoniana, condotta con rigoroso rispetto filologico per il testo e per la straordinaria bellezza di quella lingua unica che è già di suo poesia, ma anche con una originale intuizione che vede le marionette in scena accanto agli attori, come loro alter ego.
La lingua è quel veneziano della maturità del drammaturgo, in cui convivono in una sfaccettata partitura livelli arcaici (quello della “rusticità” del vecchio Todero e del suo sottoposto Desiderio, con tratti di estraneità all’urbanità dei cittadini (e infatti costruiti da Goldoni sulla pelle di due attori specializzati nei ruoli di Brighella e Arlecchino). C’è poi il linguaggio “civile” e cittadinesco di Marcolina, che non rifugge però dalle punte espressive, e di Fortunata, effusivo e femminile, fino a quello più ingessato e formale, quasi italiano del giovane Meneghetto.
La famiglia di Sior Todero rappresenta da generazioni spettacoli di marionette a Venezia e la loro casa è il teatro di questi angeli dal corpo spezzato. Fili, gambe, braccia, teste, quinte, fondali, sacchi, corde, graticci, ponti, sipari, tulle, ribaltine, costumi, trucchi, bastoni, sono gli strumenti dei manovratori di figure dal cuore di legno che si sollevano come danzatori nell’aria per poi tornare a terra, attratti dalla gravità e dalle emozioni. Oggetti inseparabili dagli umani, misteriosi e inquietanti, giocattoli creativi e fonte di ispirazione per grandi artisti quali Paul Klee, Giorgio de Chirico, Franz Joseph Haydn, Heinrich von Kleist, Carlo Collodi…
Carlo Goldoni ce ne parla nei “Mémories” tra i primissimi ricordi della sua infanzia: «Mia madre mi diede alla luce quasi senza dolore, onde mi amò anche di più; e io non detti in pianto, vedendo la luce per la prima volta. Questa quiete pareva manifestare fin d’allora il mio carattere pacifico, che non si è mai in seguito smentito. Ero la gioia di casa. La mia governante diceva che avevo ingegno. Mia madre prese cura di educarmi, e il mio genitore di divertirmi. Fece fabbricare un teatro di marionette, le maneggiava in persona con tre o quattro suoi amici, e in età di quattr’anni trovai esser questo un delizioso divertimento».
Da questo amore per le marionette e dalla presunta leggerezza del suo mondo interiore prende spunto questo progetto di regia che vuole presentare una versione del “Sior Todero” come un Grande Burattinaio, anzi Marionettista.
Da qui la vicinanza con un altro personaggio patriarcale che vuole controllare e dirigere la famiglia, Vito Corleone, che nel manifesto del capolavoro di Coppola, “Il Padrino”, è appunto rappresentato con una mano che manovra i fili.
Ma la marionetta deve anche essere intesa come un doppio dei personaggi, l’anima e l’inconscio che muove le azioni e il corpo, talvolta in sintonia, talvolta in contrasto con il pensiero dell’ attore.
Il corpo dell’attore come marionetta e talvolta come macchina corporea che cerca una soluzione al mistero del personaggio.
La marionetta come lato oscuro, per sopportare e reagire all’orrore domestico della famiglia di Sior Todero, per sopportare e superare un personaggio odioso ed egoista, rappresentazione, nel peggiore dei casi, del genere maschile.
E come spesso avviene nelle commedie di Goldoni, l’universo femminile è salvifico e risolutivo e riesce a rimediare e risolvere i conflitti, per un presunto e talvolta instabile, lieto fine.
SIOR TODERO BRONTOLON
di Carlo Goldoni
drammaturgia Piermario Vescovo
con Franco Branciaroli
e con Piergiorgio Fasolo, Alessandro Albertin, Maria Grazia Plos, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Valentina Violo, Emanuele Fortunati, Andrea Germani, Roberta Colacino
in collaborazione con I Piccoli di Podrecca
regia Paolo Valerio
scene Marta Crisolini Malatesta
costumi Stefano Nicolao
luci Gigi Saccomandi
musiche Antonio Di Pofi
movimenti di scena Monica Codena
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia,
Teatro de gli Incamminati, Centro Teatrale Bresciano
Distribuzione SIOR TODERO BRONTOLON
TODERO Franco Branciaroli
PELLEGRIN Piergiorgio Fasolo
MARCOLINA Maria Grazia Plos
ZANETTA Roberta Colacino
DESIDERIO Riccardo Maranzana
NICOLETTO Andrea Germani
CECILIA Valentina Violo
FORTUNATA Ester Galazzi
MENEGHETTOEmanuele Fortunati
GREGORIOAlessandro Albertin